Dalla vita vera alle pagine di un libro fino al grande schermo. InFame sta seguendo la strada dei biopic (to be) forti di una storia personale, tosta, potente e autorevole, che può diventare universale e formativa. Ospite al Giffoni Film Festival, Ambra Angiolini ha chiacchierato con i ragazzi del festival campano dedicato a bambini e ragazzi, commovendosi per l'accoglienza calorosa (e il karaoke di T'Appartengo) e annunciando l’uscita del film ispirato al libro in cui racconta la sua ascesa al successo, tra alti e bassi, luci e ombre compresa la più grande delle tenebre, la bulimia.
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Domenica 20 luglio, Ambra Angiolini è arrivata al Giffoni 2025 in qualità di special guest. Circondata dai giovani accorsi in sala Truffaut, che hanno dimostrato di essere informati sui must dei millenials e preparatissimi su T'Appartengo ma anche su Non è la Rai, la cantante, attrice, conduttrice e speaker radiofonica classe 1997 ha come sempre lasciato il segno. Approfittando della sintonia con la platea, Ambra è tornata a parlare del periodo buio vissuto da quando aveva 14 anni e terminato con la nascita di Jolanda nel 2004 causato dai dca, messo nero su bianco sul suo libro InFame uscito nel 2020 per Rizzoli.
La crociata contro la bulimia definita "la danza macabra che mi ha accompagnato per tanto tempo" è la spirale distruttiva in cui la star di Non è la Rai è entrata proprio all'apice della fama, e che dopo il libro avrà un suo storytelling anche audiovisivo con un lungometraggio di cui Ambra sta curando la sceneggiatura.
Ambra e la lotta contro la bulimia
"La bulimia nasconde un vuoto, un bisogno d’amore fortissimo, è una malattia silente che genera confusione in chi ti sta intorno. Le mie voci interiori mi facevano sentire sbagliata e per premiarmi, ogni volta che riuscivo a superare un ostacolo relazionale, come ad esempio partecipare a un compleanno, mangiavo qualsiasi cosa e poi la vomitavo", ha raccontato ai giffoners, "ho anche rischiato la vita per questo, ma poi ne sono uscita. Bisogna avere il coraggio di scendere nella propria caverna e di affrontarsi".
"Funzionavo, avevo successo. Ma mi sentivo strana", ha ricordato invece in una lunga intervista con Repubblica, "Se guarda l’ultima puntata di Non è la Rai, ero nel pieno della malattia. Ero una ragazzina. E quella malattia ti frega, se non capisci da dove arriva. Oggi, a 48 anni, posso dire che sento tutto in modo speciale. Anche cose che non mi riguardano. Forse è per questo che sono arrivata a spiegarmi quella malattia come qualcosa che parte dalla ‘taverna’ che ho dentro, nel corpo. Non è più una malattia, oggi è un aggettivo".
Pressione, offese, calunnie, invidie che hanno segnato la sua autostima e sabotato la salute mentale. "In Rai andò in onda un servizio dove mi definivano ‘generazione XXL’. Ho scelto di non sottrarmi, di non rifiutare quella porcata. Ho deciso di affrontarla”, ha continuato, "Mi sono ripresa tutto, anche le ferite. So che può far male a chi ha provato a fermarmi, ma non ci sono riusciti. Mi hanno solo fatto conoscere una donna più interessante di quella che sarei potuta essere se avesse vinto la superficie”. Oggi, non vomita più "ma quella parte c’è", si è trasformata in un" forma di coscienza, un modo di sentire il mondo".
Ambra sceneggiatrice del film sulla sua vita
"Sono bulimica nel senso profondo, negli affetti, nel lavoro. Ho bisogno di abbracciare e di essere abbracciata. Di comunicare. Ho bisogno di verità”, ha continuato, "è una storia molto personale, una ferita che mi ha insegnato tanto". Il libro uscito cinque anni fa avrà la sua trasposizione cinematografica prodotta da Roberto Proia: Ambra non sarà nel cast ma vestirà i panni di sceneggiatrice con un aiutante d'eccezione, l'ex Francesco Renga. “Voglio godermi questa cosa da sceneggiatrice. La regia? Vedremo. Ora vivo per scrivere", ha ammesso, "poi mando di notte a Francesco, con cui ho un bellissimo scambio di idee”. Tra tanti punti di domanda, una certezza: l’adattamento cinematografico sarà una "commedia irriverente". Prometto, prometti.