«Montalbano è uno che mi frega. Io penso di portarlo da una parte e lui va da un’altra. Non lo domino più». Così raccontava Andrea Camilleri in un'intervista a Repubblica nel 2004 nel pieno della produzione letteraria che, in quasi 30 anni, lo ha portato a scrivere 24 romanzi e 6 raccolte di racconti dedicati al Commissario Montalbano. Nel 1999, per la prima volta, il personaggio creato dalla penna di Camilleri si è fatto carne con Luca Zingaretti: così il protagonista dei suoi racconti ha iniziato una vita nuova, su Rai 1, per ben 37 episodi. Un patrimonio televisivo che in autunno, per celebrare i 100 anni di Andrea Camilleri (li avrebbe compiuti il 6 settembre: lo scrittore è scomparso il 17 luglio del 2019) tornerà in onda in ordine cronologico, dal Ladro di merendine a Il metodo Catalanotti, il primo e l'ultimo atto di un viaggio che ha segnato un ventennio, consacrando il commissario di Vigata al mito.
Camilleri diceva di Montalbano che era come «un coinquilino», uno di quelli con cui si continua a litigare senza mai riuscire a mandarlo via. Quando la fiction di Rai 1 è diventata un pilastro dei palinsesti autunnali della rete, il commissario trasfigurato nel suo interprete Zingaretti ha preso ulteriormente il sopravvento, rendendo impossibile al creatore di distanziarsi dalla creatura. «Zingaretti è bravissimo», diceva nel 2011 al Corriere della Sera, «ma ora la gente mi ferma per strada chiamandomi 'l'amico di Montalbano'».
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Riguardare i 37 episodi di Montalbano in tv è un tuffo nella Sicilia più vera
Un'altra cosa che Camilleri diceva sempre per spiegare l'attitudine linguistica del suo personaggio - un mix di siciliano stretto e di italiano - era che per lui questo era il «solo modo per raccontare la Sicilia senza tradirla». E nella trasposizione televisiva, che per oltre 21 anni è stata firmata dal regista Alberto Sironi (poi scomparso nel 2020), la terra di Montalbano ha acquisito una dimensione nuova, vitale come tutti i compagni di viaggio del commissario, da Mimì Augello (Cesare Bocci) all'ineguagliabile Fazio (Peppino Mazzotta) fino al centralinista goffo e tenero Catarella (Angelo Russo) e all'eterna fidanzata a distanza Livia, donna amata e tradita, sognata e dimenticata. A fasi alterne. Spiagge desolate, borghi assolati, distese di ulivi, nell'aria il profumo delle zagare e il frinire delle cicale: se già i libri di Camilleri riescono a creare una sorta di ponte tra la realtà e la finzione, tra la Sicilia vera e quella immaginata, la fiction di Rai 1 ha saputo codificare in modo ancora più netto ciò che l'autore desiderava fissare tra le sue pagine. Ovvero che non c'è Sicilia senza Montalbano, e non c'è Montalbano senza la Sicilia.
Gli episodi più belli del Commissario Montalbano da rivedere in tv
In attesa della messa in onda autunnale di tutte le puntate della saga - e per chi non può aspettare ci sono sempre i libri di Andrea Camilleri da rileggere e lo streaming di tutti gli episodi, compresi quelli dello spinoff Il giovane Montalbano con Michele Riondino su Rai Play - non resta che ripercorrere i titoli più amati dal pubblico televisivo, quelli che hanno segnato un prima e un dopo anche nella storia della Rai.
Se Il ladro di merendine (il primo in assoluto, in prima visione nel 1999), La forma dell'acqua (2000) e Il cane di terracotta (2000) tratteggiano in modo inconfutabile la poetica del personaggio e dei suoi aiutanti disegnando in modo perfetto non solo le storie di chi muore e di chi resta (dunque i casi che il commissario si ritrova a dover dipanare nel corso di ogni puntata), sono in particolare alcuni episodi andati in onda dal 2010 in poi ad aver cristallizzato, con oltre 10 milioni di spettatori, il successo del personaggio non solo in libreria ma anche in tv. Il campo del vasaio (2011), Una lama di luce (2013), La caccia al tesoro (2011), Il sorriso di Angelica (2013) e l'ultimo, Il Metodo Catalanotti (2021), che ha segnato in modo metaforico l'addio di Zingaretti al suo alter ego. Dovremo accontentarci, dunque, solo delle repliche: il commissario non tornerà con nuovi episodi. D'altronde lo aveva detto pure Andrea Camilleri in occasione dell'uscita di Riccardino, romanzo che è stato pubblicato postumo nel 2020: «Mi sono stufato di lui, per questo ho scritto il finale. Così se muoio prima io, almeno muore anche lui».