(Testo di Lotte Jeffs, foto di Gray Sorrenti, servizio di Pau Avia. Capelli Akki Shirakawa @ Art Partner using Oribe. Trucco Frankie Boyd @Streeters using Haus Labs. Manicure Miho Okawara. Ha collaborato Carlota Pascucci. Produzione Dana Brockman @ Viewfinders).
A Lady Gaga non piace parlare di se stessa. Lo fa comunque, perché è ciò che le è stato chiesto nel corso di una carriera ventennale che spazia dalla musica (13 Grammy), al cinema (quattro nomination agli Oscar, una vittoria), alla televisione (quattro nomination agli Emmy), alla moda (da dove cominciare?) fino alla sua linea di bellezza (Haus Labs). E risponde alle mie domande con una vulnerabilità e un livello di autoriflessione disarmanti. Ma, ammette verso la fine del nostro pomeriggio insieme nella sua casa discografica a Londra, «non sa quanto avrei voluto fare domande anche a lei per tutto questo tempo. Non ha idea di quanto sia innaturale incontrare qualcuno e non potergli chiedere di sé». Ed è questo che trovo così sorprendente nell’incontrare di persona l’icona, l’idea, il momento o, come lei stessa si definisce a un certo punto, “il prodotto” che è Lady Gaga. Davanti a me c’è una donna minuta con capelli ramati scompigliati ad arte e poco trucco, che indossa un abito vintage di pizzo, una giacca da motociclista oversize e anfibi. È divertente, autoironica, calorosa e piacevolmente presente. Non posso fare a meno di chiedermi quale sia l’arte oscura, quale sia l’incantesimo che la trasforma in una performer dalla potenza terribilmente brillante. Si sta preparando per l’uscita del suo settimo album in studio, dopo quelle che i suoi fan (alias “Monster”) potrebbero considerare deviazioni creative, ma che lei ritiene facciano tutte parte dello stesso viaggio: un album di standard jazz con Tony Bennett e Harlequin, che accompagna il sequel di Joker. Le aspettative per questo disco sono altissime. Il suo ultimo album pop, Chromatica, è uscito nel pieno della pandemia e non ha ricevuto l’attenzione che meritava, quindi i Monster sono affamati. E posso assicurare che l’album Mayhem li soddisferà a pieno.
Si sposta dal divano dove abbiamo chiacchierato a un mixer per farmi ascoltare le nuove canzoni. È un momento per il quale un milione di Monster avrebbe ucciso e me lo godo fino in fondo. Gaga saltella sulla sedia e sembra entusiasta di ascoltare quanto lo sono io. L’album è euforico, come una boccata d’aria. Lo sento nel petto, nel cuore. "È ciò di cui abbiamo bisogno!", le dico. Lei sorride, dolcemente sollevata dalla mia approvazione. Le sue influenze per Mayhem spaziano tra «alternative anni Novanta, electro-grunge, melodie, chitarra e atteggiamento di Prince e Bowie, linee di basso funky, dance elettronica francese, sintetizzatori analogici...». Per quanto riguarda il genere, afferma: «Mayhem è un caos totale! Infrange molte regole ed è molto divertente». Le chiedo come fa a sapere se una canzone sarà un successo, visto che non ho dubbi che molti brani di questo album lo saranno. «A volte finisco di registrare un pezzo e penso: "Non è una hit, ma mi piace molto". Altri brani, invece, so già che hanno tutto ciò che serve». Ma a differenza di altri poeti tormentati e dei loro album di 31 tracce, Gaga è una spietata auto-editor. «Tutto quello che non è abbastanza valido va eliminato». Racconta: «Mayhem parla di seguire il proprio caos in qualsiasi angolo della vita ci porti. E, in questo senso, si trattava di seguire le canzoni. Scrivere tutti i brani che ho scritto per questo album è stato un lavoro di amore totale. E poi, alla fine, bisogna essere davvero spietati». Confessa che, fino a ora, aveva sempre pensato che fosse il suo nome d’arte Gaga e quella parte di lei a creare la musica.
Oggi, la donna nata come Stefani Joanne Angelina Germanotta si rende conto che il merito è suo: «Sono io la creatrice e ho fatto tutto io, e questo mi ha aiutato a valorizzare me stessa come musicista e autrice in modo più profondo». Le chiedo se questa consapevolezza significhi che potrebbe abbandonare il nome d’arte. Sembra sconvolta dal suggerimento (meno male!) e si affretta a dire: «No! Amo essere Lady Gaga. Amo essere me stessa. Voglio solo dire che sono diventata una star a 20 anni. È facile pensare che sia questo personaggio a rendermi speciale». Parliamo di questa separazione tra pubblico e privato e di come l’abbia influenzata nel corso di due decenni. Ammette di sentirsi fragile riguardo ad alcuni problemi di salute mentale che ha avuto nella sua vita. «Provo un certo imbarazzo, ed è un aspetto molto vulnerabile da condividere. Ma credo che, grazie alla realizzazione di questo album, sono riuscita ad amare davvero me stessa nonostante tutto ciò. Confrontarmi con la musica è stato un modo per affrontare alcune delle cose che ho passato e pensare: "Non c’è niente di sbagliato, è ciò che sei". Per celebrare questo aspetto di me stessa, invece di cercare di fingere che non esista». Mi racconta che realizzare Mayhem è stato un processo di riscoperta. «Il caos che pensavo fosse scomparso da tempo è completamente intatto e pronto ad accogliermi ogni volta che lo desidero. Parte del messaggio della prima canzone dell’album è che i nostri demoni sono con noi all’inizio e lo saranno anche alla fine, e non lo dico in senso negativo. Forse possiamo fare amicizia con questa realtà prima, invece di continuare a scappare».
Mi chiedo se accettare l’oscurità interiore piuttosto che cercare di eliminarla con la luminosità artificiale di un riflettore abbia permesso a Gaga di far entrare qualcosa di più tenero, più naturale, più vicino alla luce del sole. Apprezza i piccoli momenti a casa con i suoi amici, i suoi cani e il suo fidanzato Michael tanto quanto le esibizioni, se non di più. La definisce “poesia quotidiana”. Spiega che anche se il video di Disease è per certi versi molto cupo, il processo di creazione non è stato doloroso. «È stato più facile realizzarlo. È stato un momento divertente e celebrativo. Come organizzare una festa per tutti i propri demoni».
Dopo l’intervista, Gaga mi presenta il quarantaseienne Michael Polansky, un venture capitalist. La madre di Gaga ha combinato l’incontro tra i due dopo averlo conosciuto a un evento di beneficenza e aver detto alla figlia: “Ho incontrato il tuo futuro marito”. Michael ha un viso dolce e un’energia gentile. Inoltre, non si comporta come una celebrità (nonostante sia un multimilionario); sembra più un padre di bell’aspetto con cui chiacchierare dopo aver accompagnato i bambini a scuola. “Che ne pensa della musica?”, mi chiede, cingendo orgogliosamente con un braccio la sua futura moglie. Sorride quando dico che mi è piaciuta molto e poi ride, perché non è che l’abbia realizzata lui. «Mi hai aiutato molto, però», dice Gaga, guardandolo con amore. «Mi hai aiutato a scrivere, tipo, sette canzoni!». Più tardi, Polansky e io parliamo al telefono. «È stato molto divertente vederla realizzare questo album», afferma. «L’ha registrato a due passi da casa nostra, quindi potevamo andare e tornare dallo studio a piedi senza problemi. Ho trascorso molto tempo con lei, portandomi il portatile per lavorare mentre lei era lì. La cosa che mi ha sorpreso di più è stata la sua velocità. È stato incredibile vedere con quanta rapidità una canzone prendeva forma. In cinque minuti, l’80% di un brano era nato dal nulla». Mi interessa sapere cosa significhi vivere una relazione con una persona così famosa. «Accettare di non avere la privacy che potrebbero avere gli altri è stata la parte più difficile», spiega. «Ma la tranquillità con cui Stefani gestisce la cosa e la sua pazienza nei miei confronti sono state incredibili. Probabilmente la nostra relazione è molto simile a quella di chiunque altro. Dobbiamo solo capire come fare alcune cose in pubblico. Per questo per noi è ancora più importante avere amicizie forti e relazioni familiari strette. Troviamo la normalità dove possiamo».
Con Polansky, la vita di Gaga ha assunto una sfumatura diversa, è più sana. «Quando ci siamo conosciuti mi diceva sempre: "Sei un essere umano speciale quando non hai le telecamere puntate addosso. E io ho la possibilità di vederlo sempre"», racconta. Amano ricevere ospiti nella loro casa di Los Angeles. «Insieme cuciniamo la pasta o facciamo grigliate. Ci piace molto anche preparare piatti semplici insieme alla madre di Michael, che vive qui vicino». Non è un segreto che Gaga vada d’accordo con le persone anziane (“amavo Tony Bennett”, il crooner è scomparso nel 2023, ndr) e definisce sua madre una delle sue migliori amiche, insieme a Ellen, la madre di Michael. «Io e lei abbiamo costruito la nostra amicizia condividendo le nostre esperienze di vita. È un legame fondato sul modo in cui siamo cresciute, sull’essere donne sul posto di lavoro, sulla sua esperienza e sulla mia, sulla diversità delle nostre generazioni». Mi racconta una storia. «Qualche tempo fa la mia amica Margo è venuta a trovarmi e abbiamo parlato di molte cose, ma a un certo punto le ho mostrato il video di Disease e lei ha sorriso. E poi mi ha detto: "Sai, questa ragazza (quella che si contorce violentemente mentre è incatenata a un palo e il demone dagli occhi insanguinati e vestito di latex che vomita bile nera, ndr) ... beh, fa anche degli ottimi broccoli". È stato un momento davvero dolce in cui una persona che amo e a cui tengo ha dimostrato di sapere che, per quanto volessi che il mio video le piacesse, prepararle la cena è stata la gioia più grande della mia serata». Gioia. Oggi ce n’è molta di più nella sua vita. «Credo che nella vita ci sia sempre un elemento di finzione "utile" per raggiungere i nostri obiettivi... ma credo anche nella necessità di essere reali, con noi stessi e con le persone che ci circondano. E credo che, a volte, quando affrontiamo queste conversazioni reali, possiamo sentirci meno soli». Sono questi legami genuini e il potere della comunità che, secondo Lady Gaga, permetteranno alla gente di superare i prossimi quattro anni di presidenza Trump. Ci siamo incontrate sei giorni dopo l’annuncio dei risultati delle elezioni americane. Sulla scena politica mondiale si è scatenato il caos, in inglese “mayhem”: non si può certo accusare Gaga di non aver captato l’atmosfera. «La cosa bizzarra è che quando ho scritto questo album non pensavo che sarebbe successo. Ho pregato che non accadesse. Ma eccoci qui». Gaga si è schierata a favore di Kamala Harris. Si è anche esibita all’insediamento di Biden nel 2021, che ha definito uno dei momenti di maggior orgoglio della sua vita.
Le chiedo come si sente. «Provo soprattutto grande compassione e amore per le tante persone che oggi hanno paura. Riconosco di essere molto fortunata e sono grata ogni giorno per tanti aspetti della mia vita. So che per molte persone queste elezioni sono state devastanti per la propria esistenza, quindi la priorità sarà la comunità. Sono una delle tante persone che sostiene le comunità LGBTQIA+ e altre realtà emarginate. E non ci arrenderemo senza combattere. Resteremo uniti. Sarà dura, ma io sono pronta. Siamo tutti pronti. E voglio che tutti sappiano di essere profondamente amati e non invisibili».
L’industria musicale è cambiata molto da quando Lady Gaga ha pubblicato il suo primo album The Fame nel 2008. I social media, l’ascesa dello streaming e ora, finalmente, il momento MeToo della musica, che ha visto alcuni personaggi di alto profilo chiamati a rispondere dei loro abusi di potere. In questo momento, il pop sta celebrando come mai prima d’ora le forti artiste soliste e sta dando loro lo spazio per essere se stesse. Billie Eilish, Chappell Roan, Sabrina Carpenter, Charli xcx: «Sono fantastiche», dice Gaga. «Sono forti e vivaci, creative e artistiche. Credo che vengano celebrate perché sono meravigliose». Se potesse dire qualcosa a queste giovani ragazze del pop, «sarebbe che la totalità di voi stesse è importante. Chi siete a casa ha lo stesso valore di chi siete quando siete sul palco. E non importa cosa vi dicano gli altri, potete dare valore a chi siete al di fuori di tutto questo». Il concetto di “accettazione radicale” emerge spesso durante la nostra chiacchierata e risulta fondamentale per il messaggio che Gaga vuole trasmettere su chi è e su cosa prova in questo momento per la sua vita e la sua arte. «Non ho intenzione di torturarmi» - afferma - «Voglio festeggiare». Le chiedo come si sarebbe torturata prima. «Cercando di fuggire. Bevevo e fumavo molto, cercavo sempre una via d’uscita. La chiamavo "la botola". Pensavo di aver sempre bisogno di una via di fuga. Poi ho smesso di farlo e ho iniziato ad accettare quelle sensazioni. Essere presente. Come artista, è difficile attraversare questa fase e non volerla condividere con i miei fan».
Accogliere i demoni, l’oscurità, l’id tentacolare che ribolle sotto la superficie in tutti noi, ricorda a Gaga il suo amore per Alexander McQueen, Isabella Blow e Daphne Guinness. «Ci sono artisti straordinari nel corso della storia che hanno instaurato un rapporto con la poesia oscura come mezzo per sentirsi vivi». Ma per molti anni Gaga ha perso la cognizione di dove iniziasse e finisse l’oscurità. «Era ovunque, sempre. E quella non era una vita sostenibile». Quindi ora l’oscurità è più specifica o canalizzata?, chiedo.«Sì, la canalizzo nella musica e sul palco, ma poi nella vita...». ... cucina i broccoli? «Esatto!». Resta da vedere come questo nuovo atteggiamento influenzerà lo stile e l’approccio di Gaga alla moda. Per lo shooting di Elle, ha portato i suoi look da casa per provarli e non ha intenzione di smettere di divertirsi con i costumi più stravaganti per cui la amiamo. «Sto solo cercando di sentirmi il più possibile a mio agio e non come se mi stessi sempre esibendo. Sono in un momento della vita in cui voglio solo sentirmi me stessa con i vestiti che indosso. Qualunque cosa significhi. Quindi se le mie sensazioni cambiano, voglio solo assecondarle». Per quanto riguarda la qualità artistica dei nuovi concerti dal vivo, una cosa è certa: saranno incredibili. «Le persone lavorano sodo, fanno di tutto per prendersi cura delle proprie famiglie e spendono i loro sudati risparmi per me. Quindi voglio davvero fare un buon lavoro». Come si prende cura di sé durante l’estenuante esperienza del tour che accompagna un nuovo album? Come al solito, dice: mangiando sano e facendo esercizio fisico. Ma aggiunge qualcosa che raramente ho sentito dire da una pop star internazionale: che salute e felicità derivano da una vita che lei definisce «piena», più che da qualsiasi rituale di benessere. «Durante il Chromatica Ball è stata la prima volta che mi sono divertita così tanto in tour. Ed è stato perché l’attenzione non era completamente concentrata sullo spettacolo. Volevo girare per la città in cui mi trovavo e far parte della comunità locale».
La famiglia è sempre stata un punto di riferimento per Gaga. Ma ora, per la prima volta, sta pensando di crearne una propria con Michael. «La famiglia è come le radici di un albero», spiega. «Sono lunghe e a volte danneggiate, a volte sono ricche d’acqua e altre assetate. La famiglia ci rende ciò che siamo e definisce anche il nostro bisogno di cambiamento». «Se dovesse avere figli» - chiedo a Gaga mentre beve un sorso del suo caffè freddo - «cosa vorrebbe che capissero di lei come artista e anche come persona durante la crescita?». Non è una domanda facile, ma lei ha una risposta ponderata: «Che qualsiasi cosa significhi per loro la mia arte dipende solo da loro. Forse, a parte questo, ho solo fatto del mio meglio e ho cercato di rimanere fedele a me stessa lungo il percorso. Per i bambini che vengono al mondo, è tutto molto intenso. Viene detto loro come pensare, in cosa credere e come mangiare... Voglio solo permettere ai miei figli di scoprire la propria identità». A meno che, scherza, non vogliano diventare popstar: in quel caso verrebbe fuori il suo lato protettivo e li porterebbe a cambiare idea. In qualità di madre di una bambina di sei anni, avverto Gaga che i bambini sanno come riportarci con i piedi per terra. Le mostro persino un biglietto che mia figlia ha scritto alla popstar quando ha saputo che l’intervista di sabato pomeriggio significava che non l’avrei portata al negozio di giocattoli come previsto. “Lady Gaga”, c’è scritto con una penna rosa. “Mi piaci, ma non sei la migliore”. Già, le dico, i bambini aiutano a restare umili. Gaga trova il biglietto esilarante. «Oh, sono pronta», risponde, piegando il pezzo di carta e mettendolo nella tasca della giacca per quei momenti, ridiamo, in cui rischia di montarsi troppo la testa. Mi fa piacere che Gaga abbia il senso dell’umorismo, anche perché altrimenti quel biglietto avrebbe potuto creare una situazione imbarazzante. Ne approfitto per chiederle se ha un meme preferito di se stessa. «Mi piace ‘bus, club, another club’, perché sto parlando di quanto mi impegno nel mio lavoro, ma lo faccio in modo divertente, quindi c’è qualcosa di positivo alla base».
A Lady Gaga mancano solo due anni per compierne 40. Cosa le interessa di più capire di sé oggi? «Questa risposta risulterà molto strana. In realtà vorrei che le cose fossero meno incentrate su di me. Quello che vorrei fare a quarant’anni è scoprire tutti i modi in cui posso essere più presente per le persone della mia vita. Tutti i modi in cui posso creare positività e gioia». Per Gaga, una “vita piena” in un futuro non troppo lontano coinvolgerà lei, Michael e i loro figli, come afferma senza ombra di dubbio. «A volte mi preoccupo che la gente dica che ormai sono noiosa, ma, onestamente, grazie al cielo lo sono. Grazie al cielo! Perché vivevo sul filo del rasoio. Non so cosa mi sarebbe successo continuando così. Da un lato, trovarmi a rispondere così mi fa pensare: "Oh, cavolo, che noia!". Ma in realtà sono davvero grata. Perché ho trovato un senso di felicità e di gioia che è vero per me».