«Nel campo lungo sembra una stronza ma quando ti avvicini e fai un close up sugli occhi diventa una bambina. C’è fuoco nella dolcezza e malizia nella virtù, tutto insieme». Così disse George Sidney di Marilyn Pauline Novak, alias Kim Novak, dopo averla diretta in Incantesimo. La macchina da presa la adorava, il pubblico pure, l’industria meno – anche se a metà degli anni ’50 era la regina degli incassi – la critica la snobbava, del resto aveva accolto tiepidamente anche il suo film più famoso, La donna che visse due volte (Vertigo) di Alfred Hitchcock, solo per rivalutarlo negli anni, fino a celebrarlo nel 2012 come il più bello di sempre (British Film Institute). È successo un po' anche con lei... Alla Mostra di Venezia, l’attrice che ha ispirato la prima it bag di Alexander McQueen (la Novak, appunto), all'età di 92anni, riceverà un Leone alla Carriera. E accompagnerà, in prima mondiale il documentario Kim Novak’s Vertigo di Alexandre O. Philippe, realizzato con il contributo dell’ultima grande star dell'epoca d'oro di Hollywood, che vive lontana dalle scene da più di trent’anni.

Aveva già girato una decina di film quando mise il tacco nell’universo del maestro del brivido. «La sceneggiatura fa schifo ma è un film di Hitchcock quindi te lo faccio fare», le disse il capo della Columbia, Harry Cohn. In realtà, a lei piaceva molto l’idea di interpretare quel doppio ruolo, era attratta dalla complessità, dalle zone d’ombra. Solo anni dopo avrebbe scoperto di essere bipolare. Era un tema familiare, suo padre era stato un maniaco depressivo per tutta la vita,“normalizzare” la malattia mentale diventerà quasi una missione. Hitchcock? «Non c’è niente di meglio di un regista che sa esattamente quello che vuole. E lui aveva ben chiaro dove volesse arrivare, erano chiarissimi i confini, ma ti lasciava libera di arrivarci a modo tuo. Lavorare con lui mi ha dato molta sicurezza nelle mie capacità», dice. Su alcune cose, però, il regista britannico era irremovibile. I costumi, specialmente, disegnati e realizzati dalla fidatissima Edith Head. Nei suoi script gli abiti sono descritti nei minimi dettagli, sono troppo importanti per la narrazione e la simbologia dei film. Il completo sartoriale grigio che Kim/Madeleine indossa in una delle scene più importanti della Donna che visse due volte, per esempio: con tutto che Edith aveva virato il grigio il più possibile verso la tinta lavanda per accontentare il marketing della Columbia – era il colore di Kim Novak – all’attrice quel look proprio non piaceva e osò dire alla regina delle costumiste di Hollywood che non solo odiava i completi e non indossava il grigio, ma trovava orribili quelle décolletées nere su collant carne. Apriti cielo. «Alla fine, aveva ragione lui»,ha confessato Kim a distanza di anni. «Era giusto che io mi sentissi a disagio in quell’abito in quel momento del film...». Che poi era esattamente come l’attrice si sentiva a Hollywood, manipolata dallo studio, in perenne lotta per cercare di rimanere attaccata il più possibile alla vera Novak. «A un certo punto mollavo per il desiderio di essere amata, accetta-ta. Dagli spettatori, dal mondo, dai miei genitori», ha confessato.

actors kim novak and james stewart on the set of the movie u201cvertigou201d in 1958 in los angeles, california. (photo by richard c. miller/donaldson collection/getty images)pinterest
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Kim Novak (nel vestito che creò scintille con Hitchcock) e James Stewart sul set del film La donna che visse due volte, titolo originale Vertigo.

Blanche e Joseph Novak erano immigrati cattolici di origine cecoslovacca. Kim cresce, negli anni della Seconda guerra mondiale, in un quartiere ebraico di Chicago, vessata dai ragazzini. Non aiuta il fatto che suo nonno si chiami Adolf... Vince due borse di studio per una scuola d’arte e inizia a fare la modella. Un giro promozionale di frigoriferi la porta a Hollywood, dove viene notata e scritturata all’istante come comparsa. Nel giro di poco tempo ha un contratto della Columbia in tasca. Nulla di fantasmagorico (si batterà strenuamente per cercare di ottenere un equo trattamento economico) ma il grande capo crede che lei sia la perfetta anti-Hayworth (altra“ribelle”). Il giochino non funziona, lei e Rita diventeranno amiche. Kim Novak ha qualcosa di animalesco, un carisma inconsapevole che la macchina cattura, una bellezza glaciale e quella voce bassa, leggermente roca, così sexy. Harry Cohn, il superboss, è una specie di orco, un despota, che la chiama «la polacca scema e grassa», sminuisce la sua recitazione, più “tranquilla” rispetto a quella enfatica dell’epoca. «Non recitavo, interagivo», si difende Novak, rivendicando il suo voler essere il più vera possibile.Troppo avanti per i tempi?

Le tingono i capelli biondo platino e decidono, appunto, che il lavanda è il suo colore preferito. Non è necessario che parli o pensi, le chiedono solo di essere bella. Ma lei è testarda e indipendente, forte della consapevolezza che in quel mondo ci è capitata per caso: non è la sua vera strada, solo una deviazione. Segue la corrente senza farsi trascinare. Chiamarsi Kit Marlowe? Non si è mai sentita una “kit”, una gattina, in vita sua e poi va fiera del suo cognome mitteleuropeo, le dà radici e senso di appartenenza. Vada per Kim (di Marilyn ce n’è già una) ma Novak non si tocca. Si sente una marionetta nelle mani di Cohn, che spesso la “presta” a peso d’oro ad altri studios, lasciando a lei solo una fettina della torta. Quando finisce di lavorare, spesso sette giorni su sette, corre a casa a disegnare. È uno sfogo per liberarsi dei fantasmi nella sua testa, per buttare fuori la frustrazione.«La pittura mi ha salvato la vita», dirà anni dopo. Dipinge i registi con cui la-vora e i personaggi che deve interpretare. Come ha scritto qualcuno, Kim Novak è una “sopravvissuta bionda”. Il suo prime time dura dieci anni, tra film con Sinatra (ci fu anche un flirt) e col suo preferito, Jimmy Stewart («Era il fratello che avrei tanto voluto»). Lo “scandalo” con Sammy DavisJr. diventerà presto un film di Colman Domingo. Fu una grande storia d’amore? Kim Novak, negli ultimi anni, tende ad annacquarla: «Alla fine, è stata una profonda amicizia ma non sopportavo l’idea che, per la società, il nostro rapporto fosse inaccettabile. Gli volevo molto bene e ne volevo alla sua famiglia, passavo il Thanksgiving con loro, portavo la sua sorellina a fare shopping». Un gangster (mandato da Cohn?) minaccia lui di cavargli l’unico occhio buono e la Columbia proibisce a lei di rivederlo. È il 1957, i matrimoni interrazziali sono illegali.

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Kim e Sammy Davis Jr. sono due outsider che vogliono rompere i pregiudizi e sfidare il sistema.Continuano a frequentarsi di nascosto fino a quando capiscono che lui rischia davvero la vita. Si rivedranno a una festa degli Oscar anni dopo, lui le chiederà un ultimo ballo. E Kim andrà a dirgli addio sul letto di morte. Nel 1966, la star ricalcitrante nonne può più. Crede nel destino e sa leggerei segnali. Quando nel giro di poco tempo la sua casa di Big Sur prima va a fuoco e poi viene travolta da una frana, carica la macchina e va in spiaggia, si spoglia, fa un bagno purificatore nell’oceano e lascia Hollywood per sempre. Accetterà qualche particina ogni tanto, giusto per ricordare a se stessa di aver fatto la scelta giusta, ovvero vivere in un ranch in Oregon, in una casa di sequoia con cavalli, lama, cani, procioni e cuccioli di serpente. Ma soprattutto dipingere a tempo pieno. Poi, ed è questo il suo film più bello, un giorno ha un’emergenza con un cavallo. Il veterinario che risponde alla chiamata non ha idea di chi lei sia. Si innamorano, lui divorzia e si sposano nel 1976. Dopo 45 bellissimi anni di poesia, arte e natura, Bob Malloy muore alla fine del 2020. Kim rimane a vivere nel ranch sul Rogue River con i suoi animali. Quando sarà, vuole entrare in paradiso a cavallo di Poet, il suo preferito. Perché è sicura di andare in paradiso.Magari con un vestito lavanda. Alla fine, è un colore che non le dispiace affatto.

kim novak during 51st annual academy awards at dorothy chandler pavilion at the l.a. music center in los angeles, ca, united states. (photo by ron galella/ron galella collection via getty images)pinterest
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