Appassionato della gente. Vocato all’amicizia. Narcisista. Così si definisce Ferdinando Scianna, classe 1943, da Bagheria, Sicilia, nella sua autobiografia (aggiornata nel 2021), Autoritratto di un fotografo.

Scianna è stato il primo fotografo italiano a entrare a far parte nel 1982 dell’agenzia fotogiornalistica internazionale Magnum Photo, tra le più importanti del mondo che annoverava nomi noti della fotografia come Henri Cartier-Bresson e Robert Capa. Il modo di imprigionare la realtà oggettiva in realtà fotografica ha sempre contraddistinto il lavoro di Scianna che è partito dal profondo Sud per emergere a livello globale, inseguendo quello che lui stesso definisce al contempo "un mestiere. Una passione. Un’ossessione".

Come è nato il documentario Ferdinando Scianna. Il fotografo dell’ombra

Oggi quel fuoco sacro prende di nuovo forma e vita in un documentario girato da Roberto Andò e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, che oltre alla celebrazione di un grandissimo artista è anche un'elegia dell'amicizia. Che è nata da un episodio risalente a tanti anni fa, riportato ne Il piacere di essere un altro, il libro-intervista scritto da Andò con Salvatore Ferlita. Alla domanda posta da Ferdinando Scianna sui suoi progetti futuri, Roberto Andò confessò che avrebbe voluto dirigere un film. «Sai bene - gli disse allora il fotografo - che se uno vuole fare un film non deve fare altro che farlo, è inutile crearsi l’alibi che prima ci vuole il produttore». Da questa sollecitazione è nato il primo lungometraggio di Andò, Diario senza date (1995). Trent'anni dopo, in segno di gratitudine, Andò ha girato il documentario Ferdinando Scianna. Il fotografo dell’ombra, che è soprattutto un atto d’affetto. «È un dialogo tra amici, che hanno troppe cose in comune, troppi fili da sciogliere insieme», spiega a La Lettura Andò, già autore di omaggi a figure che hanno esercitato una profonda influenza su di lui, come Francesco Rosi, l’appena scomparso Bob Wilson, Harold Pinter e Letizia Battaglia. «Scianna - ha detto Andò in un'intervista a La Repubblica - è uno dei fotografi che mi ha formato. Le sue immagini sulle feste religiose sono state fondamentali e questo documentario è diventato l’occasione per una riflessione sulle sue immagini, un viaggio nel suo mondo fotografico». Interrogato su quale sia la foto di Ferdinando Scianna che su tutte spicca nel suo immaginario, Andò risponde: «Mi colpisce il suo rapporto con la luce. Lui dice di amare il sole perché produce l’ombra. Ferdinando è un fotografo dell’ombra: è questo suo scavare nella luce che mi porto dietro. Se guardo le sue fotografie emerge questo, anche quando non fotografa la Sicilia ma l’India o la Cecoslovacchia».

La storia di Ferdinando Scianna

La storia di Scianna è di quelle da sogno inseguito ad ogni costo. Sconvolti i piani dei suoi genitori, che l’avrebbero visto più volentieri nelle vesti di medico o avvocato, Scianna si dedica fin da giovanissimo e con tutto sé stesso alla fotografia, partendo dai ritratti dei suoi compaesani, dentro ai quali profonde tutta la sua curiosità verso la vita e le persone. Nel 1961 si iscrive alla facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Palermo, mentre continua a coltivare la sua passione per la fotocamera. In questo periodo conosce il critico Cesare Brandi e ha l’opportunità di mostrare le sue opere fotografiche a Enzo Sellerio grazie al quale si avvicina ai lavori di Bresson. In questi stessi anni in lui inizia a strutturarsi quella coscienza politica che sarà poi fondamentale per lo sviluppo della sua arte. L’incontro della vita arriva nel 1963, quando Leonardo Sciascia visita per caso la sua prima mostra fotografica dedicata alle feste popolari siciliane e chiede le foto di Scianna per inserirle nel saggio Feste Religiose in Sicilia, che sarà poi insignito del Premio Nadar. Grazie a questa collaborazione la carriera di Scianna decolla: "La fotografia era la possibilità del racconto di una vicenda umana. Questo il mio maestro mi fece capire, e mi introdusse ad una certa maniera di vedere le cose, di leggere, di pensare, di situarsi nei confronti del mondo". Grazie al successo riscosso dal libro, Scianna riesce a trasferirsi a Milano e a lavorare come fotoreporter per L’Europeo diventandone inviato speciale e corrispondente da Parigi, dove vivrà per quasi dieci anni. Nella capitale francese i suoi scatti sono apprezzati al punto che proprio Henri Cartier-Bresson lo invita a candidarsi per lavorare all’agenzia Magnum Photos, da lui fondata nel 1947. Al suo ritorno a Milano, Scianna lavora per diverse testate giornalistiche e viene contattato da due stilisti emergenti: Dolce e Gabbana, per occuparsi della loro campagna pubblicitaria. Il fotografo accetta l’incarico seppur e sceglie come location fotografiche i luoghi della sua infanzia. Gli scatti riscuotono un grandissimo successo al punto che Scianna inizia a collaborare per le riviste di moda, diventando uno dei fotografi del settore più richiesti degli anni ’80 (dal 24 ottobre 2025 al 1° marzo 2026, La Castiglia di Saluzzo, in provincia di Cuneo, ospiterà Ferdinando Scianna. La moda, la vita una mostra che esplora per la prima volta, attraverso oltre novanta fotografie, uno dei capitoli meno noti della carriera di Scianna).

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© Ferdinando Scianna
Ferdinando Scianna, Marpessa, Caltagirone 1987

Su questo ha detto nel 2021 a Harper's Bazaar: "Ho iniziato mosso come sempre dalla curiosità. Un allora sconosciuto Domenico Dolce mi chiese di realizzare un catalogo in Sicilia, con pochi mezzi. La modella, Marpessa Hennink, si truccava e pettinava da sola: alta, bellissima, con il suo sguardo verde, inquieto, imbarazzato. In seguito, neanche a dirlo, le ho dedicato un libro (Marpessa, un racconto) ormai introvabile. All’improvviso ho scoperto in me una vena teatrale, da messa in scena, che però scaturiva dalla realtà, dalla strada. Come tutti i miei scatti. Che ho sempre cercato nel caos. Vedevo la moda come una ragazza vestita in un certo modo che vive nel mondo, non in uno studio con la luce artificiale. Da lì è iniziata una nuova avventura con i cataloghi per Yohji Yamamoto e Issey Miyake e i set per Vogue France, Marie Claire España, Harper’s Bazaar".

Dove è stato girato il documentario su Ferdinando Scianna

Un interno milanese. La maggior parte del documentario che vedremo fuori concorso a Venezia è ambientata qui. Scianna mostra macchine fotografiche e obiettivi. Conduce nel suo archivio. Svela i segreti celati dietro i suoi scatti. Fa entrare nella sua cucina. Ripercorre la sua lunga avventura. I primi esercizi, d’impronta antropologica (Feste religiose in Sicilia ha orientato lo sguardo di Andò e di Tornatore). La consacrazione internazionale con l’agenzia Magnum. E, appunto, le incursioni nel mondo della moda. Ma, soprattutto, l’incontro fatale con Sciascia: grazie a lui Andò e Scianna si sono conosciuti. E ancora: la decisiva frequentazione con Henri Cartier-Bresson. E tanti sfioramenti, parti di una ricca costellazione affettiva: Jorge Luis Borges e Milan Kundera, Manuel Vázquez Montalbán e Roland Barthes, Dominique Fernandez e Gesualdo Bufalino. E molti compagni di strada. Come quelli che, seduti intorno a un tavolo, consegnano le loro testimonianze: tra gli altri, Tornatore, Gianni Berengo Gardin (appena scomparso), Mimmo Paladino, Dacia Maraini e Marco Belpoliti. «Noi siamo quelle persone», commenta Scianna. Che, nell’ultima parte del film, proprio come l’indimenticabile personaggio di Tornatore, intraprende un viaggio a ritroso verso la Sicilia, ferito a morte dalla nostalgia, un sentimento che evoca «la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare». Forse senza neppure essersene mai andati.