In queste settimane abbiamo sognato guardando le riprese de Il diavolo veste Prada 2. Rimanere indifferenti è impossibile: tra immagini rubate dal set e aggiornamenti continui sui social, il ritorno di Andy, Miranda & co. ha già conquistato tutto e tutti, al punto che l’effetto wow rischia quasi di sfumare sotto il peso degli spoiler.
Eppure, mentre la timeline si riempie di look, reunion e ciak in presa diretta, nella mente riaffiorano le scene che potremmo recitare a memoria, e con loro anche la voglia di riscoprire quello che si era dimenticato. O forse non si era mai saputo.
Il diavolo veste Prada, il maglioncino ceruleo, i carboidrati. Il film più iconico della prima decade dei Duemila. La pellicola che ha fatto sognare (e intimorito) generazioni di aspiranti fashion editor. Un cult intramontabile continua infatti a rivelare segreti, anche adesso, uno di quelli che, no, non ci saremmo mai immaginati.
La scena madre: il monologo del magliocino ceruleo
Il momento più formativo della giornalista alle prime armi Andy Sachs (Anne Hathaway) nel film Il diavolo veste Prada? Ovviamente, quando scopre che il suo maglioncino (infeltrito) azzurro ceruleo da grande magazzino, non è affatto un caso. Miranda Priestly aka Meryl Streep, nei panni del direttore più temibile di sempre, lo spiega con chirurgica eleganza: ogni scelta apparentemente casuale è il risultato di una catena che parte dall’alta moda e arriva al fast-fashion. Una scena da antologia che, ancora oggi, viene citata come esempio perfetto di scrittura, recitazione e intuizione narrativa.
Il monologo completo (che sappiamo a memoria)
"Oh, ma certo, ho capito: tu pensi che questo non abbia nulla a che vedere con te. Tu apri il tuo armadio e scegli, non lo so, quel maglioncino azzurro infeltrito per esempio, perché vuoi gridare al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso, ma quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis, è effettivamente ceruleo, e sei anche allegramente inconsapevole del fatto che nel 2002 Oscar de la Renta ha realizzato una collezione di gonne cerulee e poi è stato Yves Saint Laurent se non sbaglio a proporre delle giacche militari color ceruleo. [...]
E poi il ceruleo è rapidamente comparso nelle collezioni di otto diversi stilisti. Dopodiché è arrivato a poco a poco nei grandi magazzini e alla fine si è infiltrato in qualche tragico angolo casual, dove tu evidentemente l'hai pescato nel cesto delle occasioni, tuttavia quell'azzurro rappresenta milioni di dollari e innumerevoli posti di lavoro, e siamo al limite del comico quando penso che tu sia convinta di aver fatto una scelta fuori delle proposte della moda quindi, in effetti, indossi un golfino che è stato selezionato per te dalle persone qui presenti... in mezzo a una pila di roba".
Un colpo di genio firmato… Meryl Streep?
Se James Joyce avesse dovuto descrivere questo momento, avrebbe parlato di epifania. Noi, più semplicemente, ci si potrebbe chiedere: perché quel genio dello sceneggiatore non ha vinto l’Oscar? Forse perché all'Academy sapevano la storia meglio di noi. Infatti, questa fortunatissima scena pare non essere tutta frutto del sacco della sceneggiatrice Aline Brosh McKenna e del regista David Frankel bensì che quella genia di Meryl Streep c'entra, c'entra eccome.
In principio, il maglioncino indossato da Andy non doveva essere oggetto del discorso né in quanto maglioncino né in quanto indumento di colore azzurro. "La costumista mi aveva suggerito di usare come indumento-pretesto una minigonna di tartan. Io ovviamente a quel punto avevo pensato a un monologo incentrato su Vivienne Westwood. Ma quello che avevo davanti in quel momento era un maglioncino azzurro. Partendo da lì il monologo è diventato sempre più lungo..." ha dichiarato McKenna, "poi ho lavorato con Meryl e David allungandolo ancora di più [...]. Ho anche proposto a Meryl una lista di azzurri e lei ha scelto proprio il ceruleo".
Ma questo non basta. McKenna ha poi dichiarato che l'intero monologo su Yves Saint Laurent e Oscar de la Renta (il primo avrebbe realizzato delle giacche militari cerulee, mentre il secondo delle gonne sempre cerulee, ndr) era un ensamble fittizio costruito ad hoc al fine di sembrare reale. Di fatto così com'era stato descritto non era mai andato in scena in nessuna passerella. "Dopo l'uscita del film, alcuni ci hanno attaccato proprio per il fatto che non fosse basato su dei fatti veri. A quel tempo, avevo chiamato David alquanto infastidita e gli avevo detto che quando anche quei criticoni avessero fatto un film da 325 milioni di dollari al botteghino nonché candidato agli Oscar, ecco solo a quel punto avrebbero potuto fare quello che volevano" continua a spiegare Mckenna. Frank non ha nient'altro da aggiungere. E forse a questo punto neanche noi. Anche se il tartan questa estate va tantissimo...