C’è Peter Knapp che fotografa per Elle France gli abitini razionali stampati come i quadri di Piet Mondrian. C’è Jeanloup Sieff che cattura l’esuberanza di Zizi Jeanmaire in costume fourrure. C’è Guy Bourdin che condisce l’esotismo di turbanti e gonnelloni di quella patina tra il thriller e il seduttivo con cui rivoluzionò i Settanta delle immagini del desiderio. E poi c’è lui, il delfino di Francia appena nominato a capo della maison Dior, il viso spaurito incorniciato nel solito composé di luci e ombre dal maestro Irving Penn nel 1957, in uno scatto che ben restituisce l’anima di un ventenne timido e fragile, tanto talentuoso quanto schiacciato dal peso massimo dell’eredità che si apprestava a rimaneggiare. Ad osservarla, quella foto di un Yves Saint Laurent agli inizi di carriera, tornano alla mente le parole di Oriana Fallaci scritte sull’Europeo. “Il piccolo re aspettava nel medesimo ufficio che fu del grande monarca e tremava come un pulcino”, introdusse la penna incisiva della giornalista l’intervista a quel ragazzo dai “nervi fragili come un velo di tulle”, poi così perfettamente tradotti nell’immagine in bianco e nero dal fotografo statunitense.



Yves Saint Laurent et la photographie

Questo e altri mitologici frame si ammirano ad Arles fino al 5 ottobre in Yves Saint Laurent et la photographie, rassegna di ottanta scatti che indaga il rapporto tra uno dei couturier più fotografati di tutti i tempi e il mezzo privilegiato dalla moda. Una carosello di autori da vertigine – Avedon, Bailey, Beaton, Bourdin, Doisneau, Horst, Issermann, Lartigue, Meerson, Moon, Seidner, Sieff, Horst, Newton, Warhol – per una mostra che è tra le chicche del festival Les Rencontres de la Photographie di Arles, anche co-produttore dell’esibizione assieme al Museo Yves Saint Laurent e alla fondazione Pierre Bergé-Yves Saint Laurent.

80 scatti per raccontare una leggenda

Suddivisa in due, la prima parte della retrospettiva ripercorre cronologicamente le creazioni del celebre stilista come interpretate da alcune leggende del Novecento: dallo scatto de Peter Knapp a quell’Haute Couture dell’Autunno Inverno 1965 1966 che trasformò per sempre il legame tra moda e arte con gli abiti in jersey della Maison Racine suggestionati dalle opere di Mondrian e Poliakoff, all’omaggio ai costumi creati da Léon Baskt per Serge Djagilev in un trionfo di folklore immortalato da Guy Bourdin, fino ad arrivare alle immagini scattate da Bettina Rheims nel backstage delle sfilate del couturier negli anni Ottanta, nell’intensità delle ombreggiature dei fitting di Avenue Marceau. Foto immediatamente riconoscibili che hanno lasciato un segno eterno di bellezza nell’immaginario collettivo, al contempo consacrando le creazioni di Saint Laurent nell’empireo della moda. Uno stilista che con il medium intesse una liaison unica, ben conscio del potere della fotografia nel certificare quel desiderio che è insito negli abiti, lui stesso pronto ad affidare la propria immagine a talenti dell’obiettivo che ne cristallizzarono il mito. Come quando, nel 1971, da intimorito genio in divenire si trasformò in adone occhialuto nudo e crudo sotto la lente di Sieff, pubblicizzando così la sua eau de toilette maschile Pour Homme in una réclame scandalosa che ha fatto epoca.

La visione privata di Saint Laurent

Nella mostra poi, oltre all’estasi visiva regalata dagli ottantanove autori, anche un cabinet de curiosités che permette un viaggio intimo nell’immaginazione fotografica di Saint Laurent, con circa duecento oggetti d’archivio, tra planches-contact, ritagli stampa, riviste, cataloghi di collezioni, fotografie private, che illustrano il ruolo centrale della fotografia nella progettualità dello stilista. Poiché l’aveva colto meglio di chiunque, Yves, che quel mezzo pressoché contemporaneo alla nascita dell’Haute Couture sarebbe stato il più adatto a far vivere la moda, ad accendere ancor più la fantasia, a certificare su pellicola il sogno di abiti che non sono mere stoffe con cui coprirsi.

E quest’esibizione – fruibile anche in un catalogo pubblicato da Phaidon che si preannuncia da collezione – lo mostra perfettamente, nel racconto visivo di un sodalizio che non smetterà mai di sedurre.