Cyborg, donne-insetto, rodeo girls, Veneri in boccio da gusci di raso. Il corpo stilizzato in una nuova silhouette: la vita stretta, i fianchi arrotondati, le spalle marcate di una donna assertiva e audace che non ha paura di usare il potere trasformativo della moda. L’abito che fascia, scolpisce, imbozzola come in una performance; tra metalli dipinti a mano e pneumatici da carapace, tra crinoline e corsetti che si fanno segno di un universo distopico. “Il mio lavoro rende omaggio alla donna e alla sua personalità. Io do loro un’armatura”, disse una volta Thierry Mugler.

Oggi, parte di quell’estetica visionaria, rivivrà in una speciale capsule d’archivio che riattiva l’eredità sfacciata e onirica del genio di Strasburgo in una selezione di mises che promettono un viaggio a ritroso nel tempo, e nell’attesa di scoprire il progetto del nuovo direttore creativo Miguel Castro Freitas. Si chiama Re/edit e uscirà a settembre, 24 look dagli annali di Mugler interpretati per l’occasione da una musa d’eccezione. Ossia Sharon Stone, l’incrocio di gambe più famoso del globo che riappare, furbescamente, in un’ADV sexy e raffinatissima come da DNA della maison.



La silhouette Mugler

Il busto fasciato in una blusa di crêpe, lo stacco di coscia – invidiabile – in collant velati rosso fuoco, in un gancio all’Hiver Russe dell’Autunno Inverno 1986-87. O ancora lei, lo sguardo oscurato da occhiali da diva, la postura sfacciata e potente su una seggiola tra tele d’autore, avvolta nel blazer sagomato di lana nera suggestionato dalla pedana Les Aviateuses, in un no pants che si inserisce perfettamente nelle stagioni del corto, cortissimo.

Sono nove in totale, le collezioni seminali da cui la capsule prende le mosse, snodandosi attraverso la sartorialità scultorea con cui Thierry confezionò l’uniforme della business woman degli Eighties, la lingerie come outerwear, in una sfumatura dei confini tra pubblico e privato che oggi imperversa, ma che è culmine di decenni di sperimentazioni come quelle di Mugler, e red carpet, in un ammiccamento alle creazioni spettacolari del couturier scomparso nel 2022.

Sharon Stone, tra latex e piume, ritorna a casa

Due icone, per un dialogo tra passato e presente tutto giocato su estro e peccaminosità, e del resto l’attrice, per Thierry, aveva già calcato la passerella, nel ‘92, a Los Angeles durante l’evento organizzato dalla California Fashion Industry Friends of AIDS Project, aprendo e chiudendo lo show tra guaine di latex da dominatrice e plissé dorati da Madonna couture. Un résumé aggiornato e su stoffa di memorabili collezioni prêt-à-porter e Haute Couture in un tour che dal 1985 arriva al 2000, declinando giacche a righe e gonne con lo spacco, trench militareschi e skirt in velluto, abiti con volant e silhouette coraggiose che hanno il loro climax nella campagna dai tratti voyeuristici con protagonista Sharon Stone.

La guerra al cliché

La si vede posare le mani velate di pizzo sul viso di un uomo, a mostrare derrière e stiletto laccati aggrappati ad una cancellata, o ancora lei, ultra-chic, tra il verde di un giardino in una potenza narrativa che attinge al vocabolario estetico di Mugler. Un body language che è manifesto di empowerment, immune, oggi come allora, a qualsiasi dogma vestimentario. “Ho distrutto idee, luoghi comuni, barriere – disse una volta il grande designer –. È irresistibile, la guerra al cliché”.