Come una tempesta pronta a eclissare un Met Gala poco entusiasmante, il conclave si è imposto come il vero evento social(e) dell’anno. A prescindere dalla religione, per giorni non si è parlato d’altro. Dai meme dissacranti alla babygirlificazione dei cardinali, su X diventati “cute” alla stregua dei propri bias (aka “preferiti”) nelle boy band, svecchiata suo malgrado, all’improvviso la Chiesa Cattolica ha iniziato a parlare il linguaggio dei fandom. E allora suona ancora più profetico e appropriato il lessico usato dal Times in un articolo di aprile, “Jesus is making a comeback”, come fosse un idol in procinto di una nuova release. Tutto molto surreale e innegabilmente coinvolgente – ma non si tratta soltanto di meme: fuori e dentro la bolla di internet, il cristianesimo (e, più in generale, la spiritualità) sta vivendo una nuova epoca d’oro.
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La fede diventa trend sui social
Un recente report della piattaforma inglese di ricerca di mercato YouGov ha rivelato che dal 2019 al 2025 il numero di giovani britannici tra i 18 e i 24 anni che si professano credenti è duplicato, passando dal 22% al 45%, e sui social sempre più spesso ci si imbatte in creator che professano il loro amore per Gesù Cristo, che condividono passi del vangelo intrecciati con la loro arte o vita quotidiana o qualsiasi cosa stiano cercando di promuovere online, che parlano del loro percorso spirituale e così via. Prima di Pasqua, scrollando il feed di Instagram mi sono imbattuta per caso in quello che per i primi tre secondi poteva passare come uno shopping haul qualunque: una ragazza sui vent’anni dall’aria semplice ma piena di enfasi che inizia con “Eccomi con un nuovo video per mostrarvi tutto quello che ho acquistato”, ma poi scardina ogni preconcetto aggiungendo “nel mio pellegrinaggio a Medjugorje". Deve essere questo che intendono i guru dei social quando parlano di hook potente. Se prima ero sul punto di passare a un altro video, questa svolta inaspettata mi ha tenuta incollata allo schermo: in qualche modo, sono rimasta a guardare tre minuti di rosari e santini spiegarsi davanti alla fotocamera come fossero accessori di Shein o pupazzetti-feticcio di Pop Mart. In effetti, per tutte le persone che stanno abbracciando nuove liturgie e oggetti votivi che ergono gli idoli pop a nuovi simboli sacri, per la legge dei grandi numeri è normale che altrettante stiano riscoprendo i rituali della tradizione. D’altronde, la dicotomia è valoriale, ma la messa in atto rimane invariata nella forma: nell’epoca della gratificazione istantanea, dell’effimero e della condivisione come atto propedeutico all'auto-validazione, anche la tradizione prende in prestito le modalità dell'iperconsumismo e la religione diventa trend.
Quando il Papa diventa una rockstar
Il primo a rendere il cristianesimo “cool again” è stato in tempi non sospetti Paolo Sorrentino, con la sua serie culto The Young Pope (2016): nei panni dell’eccentrico Pio XIII, nientemeno che il conclamato sex symbol Jude Law porta in scena un Papa rock star che fuma a bordo piscina con indosso gli occhiali da sole e cita i Daft Punk, ma soprattutto un pontefice fashion icon campione di stravaganza, per cui il costumista Carlo Poggioli ha preso spunto dai paramenti più antichi custoditi nei Musei Vaticani ed esagerato il look tra ricami dorati, stoffe preziose e tiare papali d’oro e d’argento. Tutto questo ha contribuito a riportare la comune associazione della Chiesa a un immaginario pomposo, solenne, perfino glamour – come era prima dell’imposizione negli Anni ‘60 di rifuggire la ricchezza per un’immagine di austerità – che è culminata nel grande tema del Met Gala per il 2018, Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination. In uno dei red carpet più belli dell’ultimo decennio e un momento già impresso per sempre nella storia della moda, le scalinate del Metropolitan Museum di New York si sono popolate di creature celestiali e celebrities angelicate: indimenticabile il trio formato da Alessandro Michele e Jared Leto, come neo-sacerdoti in bianco ricamato d’oro, stretti intorno a Lana del Rey con aureola alata ed ex voto del cuore trafitto appuntato al petto, così come Rihanna in un opulento look da papessa tempestato di perle e cristalli o Stella Maxwell ricoperta di madonne ricamate. Progressivamente, il legame tra moda e iconografia cristiana – mai davvero estraneo all’alta moda, esplorato da designer come Thierry Mugler, John Galliano, Dolce & Gabbana, per citarne alcuni – ha iniziato a insinuarsi anche nel gergo popolare dell’intrattenimento, fino ad approdare alle piattaforme dello svago per eccellenza.
Il ritorno estetico del sacro: il catholic core
Negli ultimi anni, su TikTok si è iniziato a parlare di catholic core, che va anche sotto i nomi di church core, convent core, nun core, il senso non cambia: sono tutte ricerche da milioni di visualizzazioni e tutti mostrano outfit più o meno austeri, che giocano con una palette monocromatica di bianchi e neri e accessori che richiamano i rosari, ma in una chiave tendenzialmente più leziosa. Immaginate pizzi, velette, nastri di raso, silhouette coperte e un po’ pompose tra il vestito della comunione e un look di Simone Rocha, fili di perle, ricami intricati e, naturalmente, placchette e ciondoli antichi con madonne, santi e crocifissi – insomma, il makeover coquette di una suora di clausura. E il processo di rivisitazione in chiave kawaii coinvolge tutto: non solo il guardaroba, ma anche i portafoto con il ritratto di Cristo si tingono di rosa e si arricchiscono di cristalli, perline e decorazioni. Non mi stupirebbe vedere santini e immagini del Papa usati come photocard, passando da dentro i portafogli ai piccoli contenitori in PVC con disegni carini che i più giovani agganciano alle borse.
Cinema e costume: la nuova iconografia religiosa
Il fatto che una delle attrici più emblematiche della Gen Z, Sydney Sweeney, abbia interpretato la Vergine Maria nell’horror Immaculate (2024) ha contribuito a forgiare l’immaginario: dalla classica e modesta tenuta clericale che indosso a lei sembra subito una dichiarazione di stile minimalista all’abito in seta celeste ricamato d’oro da Madonna rinascimentale, i suoi look sono forse la parte più memorabile del film. E come non parlare di Conclave, film dello stesso anno con protagonisti Ralph Fiennes e Stanley Tucci, che proprio in questi giorni è stato sulla bocca di tutti per l’attualità del tema ma che già mesi fa era stato al centro dell’attenzione per la nomination all’Oscar della costumista Lisy Christl.
Quando le celebrità diventano evangelizzatori
Impossibile poi parlare di cristianesimo e cultura pop senza citare Justin Bieber, fervente fan di Gesù ormai da quasi un decennio dedito a evangelizzare i suoi follower senza risparmiare preghiere e omelie via Instagram: i suoi tatuaggi sono dedicati al Signore, così come tutti i suoi pensieri, le sue caption, le sue telefonate con l’amico di fede Chance The Rapper – “ci chiamiamo solo per parlare di Gesù”. Dopo gli scandali di Hillsong Church, i Bieber e un’infinità di altre celebrità americane, dalle Kardashian a Lana del Rey e Chris Pratt, si sono votate alla megachiesa Churchome di Beverly Hills guidata da Judas Smith – nomi da tenere a mente perché il potenziale da culto per futura serie di Netflix è alto. Che si tratti di organizzazioni controverse o meno, però, l’endorsement delle celebrità per molti è importante. E l’influenza non arriva solo dall’occidente; anche molti idol sudcoreani non fanno segreto della loro fede. Nel 2024, Felix del gruppo Stray Kids – icona nel mondo del K-Pop, ma anche della moda internazionale grazie alla sua collaborazione come modello e brand ambassador per Louis Vuitton – ha fatto scalpore quando, passando la sicurezza in aeroporto, ha sfoderato dalla sua maxi LV Speedy in denim un’altrettanto maxi Bibbia. Non sono mancate le critiche, certo, ma sono state nettamente di più le persone che hanno trovato la cosa semplicemente adorabile.
Revival spirituale o culto dell’estetica?
Il conclave, insomma, non ha fatto che portare sotto i riflettori uno shift culturale che in realtà si sta costruendo lentamente da anni: in passato predominante, poi scansato come un argomento scomodo, associato a una visione conservatrice da cui prendere le distanze, il cristianesimo interessa di nuovo ai giovani per una miriade di motivi. Che si tratti di un reale bisogno di riconnessione spirituale in un mondo dove si ha la sensazione di aver smarrito valori e riferimenti (come suggerisce anche un recente articolo di Dazed), o che sia solo una moda passeggera, o ancora una forma di idolatria inversa dove l’oggetto di venerazione torna ad essere sacro ma il focus è tutto sull’estetica, l’accessorio, il packaging del divino – il punto è che funziona. E come ogni cosa che funziona nell’era dei social, si trasforma in content, tendenza, lifestyle. Che piaccia o meno, è già il più grande fenomeno pop degli ultimi anni.