Quando a gennaio 2023 Kering, il conglomerato multinazionale del lusso il cui portafoglio include Saint Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga e Alexander McQueen, aveva annunciato il nuovo direttore creativo del suo marchio di punta – Gucci – l’intento pareva chiaro: una transizione dal museo delle follie di Alessandro Michele, con il suo serafico saliscendi tra gli androni di un archivio popolato di stranezze, diversità e “buone cose di pessimo gusto”, a un lusso classico, “senza tempo”, sulla scia di Hermès e Louis Vuitton. Un termine, “senza tempo”, che si direbbe del nero e del crema, del gelato alla stracciatella, del little black dress, del cappotto di lana in inverno e del maglioncino a tema natalizio che ritorna, puntuale, alla mezzanotte di ogni 25 dicembre. Di quel che, insomma, non dovrebbe stancare mai.

Non parrebbe questo il compito della Moda, una madame soggetta, da sempre, allo scorrere del tempo, dei mercati e delle necessità. Addetta, nel suo grado più basilare, a captare le sensazioni che sono nell’aria e trasformarle in qualcosa di concreto (il pragmatismo commerciale del Gucci di Tom Ford è un ottimo esempio). Preposta, nelle migliori delle ipotesi, ad anticiparle, con capi di rottura che facciano dire alla gente: “È proprio quello di cui ho bisogno” o “Lo voglio!”, quando non ne immaginavano l’esistenza. In questo ultimo caso, si parla di rivoluzioni (tale è stato il Gucci di Alessandro Michele fra il 2015 e il 2022). Eppure, riportare la Maison sulla retta via di un gusto “eterno” è stato il compito affidato a Sabato de Sarno, Direttore Creativo di Gucci da gennaio 2023 a stamattina. Un nome non così mainstream finché non gli sono state consegnate le chiavi pesantissime di un regno da 10 miliardi di dollari, perché venisse sgomberato dai bizzarri capi micheliani – di cui quei 10 miliardi erano figli – per ripopolarlo di forme di eleganza.

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Victor Virgile//Getty Images
Gucci, Autunno Inverno 2024/2025

Michele è sempre stato avanti sui tempi, un massimalista duro e puro, in aperta antitesi con una moda ossessionata, viceversa, dal culto di una bellezza uniforme ed aesthetically correct. Tuttavia, quando nel 2022 la sonata del tempo lo ha raggiunto e, per un attimo, il suo guardaroba ha perso aderenza su un gusto “in retromarcia”, ora diretto a quel “quiet luxury” che ci ha già stancato, Kering lo ha accompagnato alla porta sulle note di un Musical Chairs che sapeva di diminuzione dei ricavi. I numeri, nel business della moda, contano come l’asso di bastoni quando la briscola è bastoni: tutto, o quasi. È per questo che De Sarno ha investito gli ultimi due anni nel perfezionare gli ingredienti sartoriali del design e dei tessuti, nella costruzione di maniche in pura seta, nelle rifiniture interne di cappotti in lana nera. Dettagli che nessuno – e De Sarno lo sapeva bene – avrebbe notato in passerella. Né tantomeno fra i caroselli postati sui social. Non gli importava: “Non mi interessa il momento Instagram”.

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Gucci, Autunno Inverno 2024/2025

Tuttavia, da ottimo veterano del settore – quarantadue anni, De Sarno ha iniziato la sua carriera come modellista da Prada, per trascorrere in seguito quattordici anni da Valentino, dove è diventato direttore del design per le linee uomo e donna – lo prevedeva. La presunzione, rivelatasi poi corretta, è rintracciabile nelle sue parole di settembre 2023, quando a pochi giorni dalla sfilata di debutto, affermava: “Forse la gente dirà che queste cose sono noiose nella moda, ma non per me. Forse non vedono i dettagli sulla passerella. Onestamente, non mi interessa. Non voglio impressionare. Voglio fare quello che mi piace”.

E in effetti, all’ora di cena del 23 settembre 2023 il pasto principale di editori e addetti è stata l’insoddisfazione per una collezione da cui si sperava di più. Assente di guizzi, di novità conclamate, è stata variamente descritta come una brezza – quando ci si aspettava un vento – come un intermezzo – quando ci si aspettava un grido – un sorbetto al limone alla fine del gran bacchetto di Alessandro Michele. Si è intitolata Ancora, come “l’ancora, ancora, ancora” del desiderio. Quell’ancora ardente e mai sazio, rosso come il colore che nell’Autunno 2023 ha tinto i tram e le fermate delle stazioni di Milano con una grandiosa campagna marketing. Era impossibile sfuggirle. Quel bordeaux, stampato sugli inviti, sulle cartelle stampa e sui cadeaux per gli ospiti, insieme al remix che Gucci e Mark Ronson ci hanno consegnato di Ancora di Mina, sono quel che più si ricorda – ancora – del biennio di Sabato de Sarno.

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Gucci, Primavera Estate 2024

Sono passati in sordina i lunghi cappotti di lana scura perfettamente realizzati, i micro shorts in vello, i nastri rosso-verdi cuciti all’interno degli spacchi dei soprabiti. È andata meglio agli accessori: difficile non notare i mocassini dalla suola spessissima e le borse Jackie in pelle lucida. Poi, una passata di intonaco nero-bianco-beige-blu – con ovvia concessione al rosso Ancora – qualche leggera ricamatura, frange svolazzanti qua e là. L’ultima parte della sfilata, con mini abiti neri abbinati a scarpe da tennis bianche avrebbe dovuto costituire la parte “da sera” della sfilata. Gran parte della critica l’ha considerata come un difetto, “un buco nero” secondo la critica Cathy Horyn.

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Gucci, Primavera Estate 2024

Per i pochi che hanno avuto modo di toccare con mano i capi della direzione De Sarno, lo slancio sartoriale e materiale è stato evidente. Un passo di qualità volto – come richiesto dal gruppo Kering – ad accompagnare la Maison sul piano del lusso per definizione: quello di Hermès. E tuttavia, a livello di forme o, più semplicemente, di creatività, nemmeno le due sfilate successive hanno convinto: la Primavera Estate 2025 presentata a settembre 2024 riportava in vita il “Jackie look” – lo stile ben noto di Jackie Kennedy negli anni Sessanta – con ampie camicie di cotone, occhiali dalle maxi montature e cappotti doppio petto. Le borse e le stampe erano aggiornamenti di elementi base di casa Gucci – come la Bamboo 1947 o il motivo Flora – o loro copie. Su una passerella color tramonto costruita nel museo della Triennale di Milano sfilavano colori “vendibili”, commerciali, come grigi, neri, neon e, ancora, rossi. Qualche slancio nei coordinati di gonne a palloncino e giacche corte. Benché non si possa recriminare lo sguardo al passato – chi, da Hedi Slimane a Demna Gvasalia, passando per Alessandro Michele e John Galliano, non vi ha attinto a piene mani? – l’impressione era di un designer che sta ancora cercando la sua strada nel marchio, e nel mentre si affida agli archivi per risollevarlo.

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Gucci, Autunno Inverno 2024/2025

Il problema, al di là delle recensioni contrastanti, è stato che nel terzo trimestre le vendite organiche di Gucci sono diminuite del 25%. Nonostante De Sarno abbia dato priorità – come gli era stato chiesto – ai dettagli (che non si vedono, ma ci sono e sono magnifici) e alla sartoria, con un profilo Instagram che allo stato attuale è uno sfavillio di aghi, forbici e mani al lavoro, il rilancio delle vendite non è mai avvenuto. Con solo tre grandi sfilate e recensioni per lo più concluse in un “conta quel che farà dopo”, “staremo a vedere”, il designer non ha avuto modo di maturare quel “dopo”. Le opinioni, le critiche, i dati, spesso si trasformano in cappi che soffocano la libertà. Cito nuovamente la critica da premio Pulitzer Cathy Horyn: “Questo è un altro danno del consenso: accorcia la pista di decollo personale per i nuovi direttori creativi”. Il fatto che De Sarno, insomma, non sia mai decollato, non significa che non lo avrebbe fatto. Personalmente mi auguro avverrà su altre piste.

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