Fenomenologia del crochet, tendenza che (ri)sale in passerella per la Primavera Estate 2025,
Da arte dell’home décor, a trama glamour. Storia breve di un’antica tecnica che non smette di sedurre

Intrecci di fili, di passato e presente, di divine e controcultura. Un bastoncino che trama la storia, tra lane e cotoni che sbrogliano le estrose matasse di una tecnica antichissima. Fenomenologia del crochet dalle origini nebulose, sfilacciato nei millenni di stoffe naturali impossibili da conservare per cui si fatica a rintracciare nodini e catenelle, punti base di uncinetti che pare affascinassero già le civiltà antiche di Oriente ed Estremo Oriente. In Cina sferruzzavano bambole 3D, in Africa cappelli per i capi tribù, in Sud America le vesti per i riti di iniziazione alla pubertà. Come ogni cosa di moda, anche qui, la leggenda si intreccia ai fatti: un filo di cotone in un bastoncino uncinato per un rituale di gesti che emulano su stoffa i fiocchi di neve che cadono sul davanzale di una casa bavarese, eppure le ricerche dicono che no; la forma embrionale di crochet con le fiabe non c’entra nulla e ha quanto più a che fare con un berretto di lana confezionato in Jutland, tra Germania e Danimarca, più di 3100 anni fa.
Quale che sia la verità, la prima testimonianza scritta è della francese Eleonore Riego de la Blanchardiere che, affascinata dai paramenti sacri di un convento di Dublino, nel 1846 scrive un manualetto considerato il primo che sviscera la tecnica: Knitting, Crochet and Netting, con tanto di illustrazioni e spiegazioni sul lavoro ai ferri. L’arte, in effetti, giunge in Occidente tramata dagli ordini religiosi femminili che dal XVI secolo si dilettano con stoffe crochet per impreziosire gli addobbi pii, diffondendo un verbo tessile che nei primi del Novecento contagia la borghesia che sferruzza colletti e corredi per la casa. Un passatempo tramandato di madri in figlie che solo la seconda guerra mondiale con la sua scarsità di stoffe, fermerà momentaneamente. L’exploit? Tra anni Sessanta e Settanta; la diva Jane Birkin sposa Serge Gainsbourg in un pattern bianco latte e crochet dalla scollatura vertiginosa fino all’ombelico, mentre gli hippie, insofferenti all’industria, si danno al tie-dye e a quei merletti e ricami che (tra gli altri) sdoganeranno un guardaroba spesso di seconda mano da sciantosa del selvaggio West, in una ricerca dell’anti-moda che diventerà ben presto glamour.
Tornato in pompa magna a riempire le ore di epoca pandemica, e ormai ampiamente affrancato dal solo home décor, il crochet (ri)sale in passerella per la Primavera Estate 2025, tra composizioni floreali 3D, tessuti evanescenti dall’appeal couture del pizzo, o trame liquide e cangianti impreziosite di paillettes. Da Marco Rambaldi, che dell’arte del knitting ne ha fatto un marchio di fabbrica, i motivi che una volta avrebbero arredato le tavole delle cucine si fanno top, in una crasi tra tradizione e modernità da sfoggiare in combo con blazer e bermuda. Da Philosophy, come del resto anche da Christian Wijnants, o Gabriela Hearst si gioca invece con la ruvidezza di un crochet color sabbia da gitana di città. Da Chanel arriva l’uncinetto pastello impreziosito da fiocchi, da Chloé quello basculante di ruches di completini boho, da Andreādamo quello seduttivo di maglie larghissime e vedo-non-vedo. Suggestioni eterogenee per top, abiti o giacche, come quella dai volumi gentili che Ermanno Scervino butta su bralette e shorts, a riattivare i ferri di una tecnica ancestrale.
Il crochet, tendenza moda della Primavera Estate 2025 con un plus poiché, sferruzzare, pare migliori autostima e funga da anti-stress. L'obiettivo? Darsi ai ferri.
Mille declinazioni di charme utilitario
Gli stivali must-have dell'autunno di H&M
I (non) tormentoni dell’Estate 2025

Sogno romano