Sulle passerelle e sui marciapiedi, in rete, diamanti, nylon o cristalli. L’uniforme che indossi è ininfluente alla causa: un completo in tweed, un abito verde pistacchio o azzurro pallido, una tuta sportiva o blazer dall’architettura impeccabile. Il contrasto visivo creato dall’indossare un paio di calzature piedi-formi insieme a qualsiasi ensemble non-estivo è quel che conta. Parliamo di infradito, sandali da pioggia e calzini con dita separate – tutti esempi facilmente riscontrabili sulle passerelle di Hermès, Lemaire, Dries Van Noten e Kiko Kostadinov. Ma anche nelle boutique bianco-candide dal minimalismo disarmante di The Row, il brand fondato da Ashley e Mary-Kate Olsen sul filo di un lusso che non parla e nemmeno si vede – nelle boutique come alle sfilate le fotocamere sono bandite. Eppure si deve proprio a The Row l’immissione nella Fashion Industry di quella scarpetta in rete da pesca PVC – altrimenti detta jelly shoe – che tutti avevamo felicemente dimenticato. A dimostrazione del fatto che l’esibizione del piede – o quel che la critica di moda Liana Satenstein ha definito footaissance (crasi linguistica di conio britannico per “rinascita del piede”) – riguarda proprio tutti. E talvolta, costa anche parecchio – ottocento euro nel caso delle infradito bicolori e delle Sock Shoe (scarpe-calzino) di The Row.

Non è (più) una questione di stagione

Il fatto che tale approfondimento riguardi una rassegna autunnale e non estivo-primaverile potrebbe sorprendere: sandali, sabot e Birkenstock dalla facile esposizione epidermica tornano in estate come un sollievo dopo mesi in cui i tuoi piedi sono rimasti intrappolati sotto strati di calze e stivali. La brezza sui talloni sulle dita nude è sinonimo di sollievo oltre che di tempi caldi. E tuttavia, tale esposizione porta con sé alcuni pregiudizi, una certa cattiva reputazione legata alla più ampia categoria del Nude Look. Dopotutto, c’è un motivo se nei vecchi club della vetusta aristocrazia britannica le infradito sono bandite. Vi è la ragione di un formale dress code se la famiglia reale persegue la regola del non indossare scarpe aperte in punta durante le pubbliche occasioni: la questione sul quanto scoprire di sé non è priva di complessità, soprattutto nei bastioni più tradizionali del governo, del diritto e della finanza. Ma ciò riguarda la stagione (estiva) che sta tristemente sgocciolando verso la sua fine. Perché la footaissance autunnale non riguarda l’esposizione del piede tout court, quanto un’illusione di nudità– per mezzo di plastica dura, reti traforate o pelli morbide come guanti. Come scaldamuscoli allungati, come sovra-piedi da indossare.

Dalle jelly shoes alle Sock Shoe: il lusso che mostra

“È un grande momento per essere un piede”, titolava a inizio luglio il New York Times. Le Tibi di Martin Margiela non sono più quel fenomeno di nicchia che in pochi comprendono, e i più rigettano: “un concetto di moda, più che un estetico appagamento per gli occhi”, ho sentito affermare in più convivi di addetti e non-addetti ai lavori. Se non che, da un po’ di tempo a questa parte, i medesimi hanno riferito di vederle in altro modo: “belle”, per sintetizzare il capovolgimento percettivo. Quella divisione sulla punta che ricorda un calzino infilato in un paio di infradito non stona affatto. Allo stesso modo, la scarpa Zero di Balenciaga – un sandalo quasi inesistente, che a malapena potremmo categorizzare come “calzatura” – si citano come it-shoe. Il tacco spuntato con dita in vista è la scarpa elegante di questo inverno. Le sneakers con divisione frontale in cinque dita camminano al di fuori dei percorsi da trekking. L’etichetta di “appropriato” inizia ad assumere una certa vaghezza, rimanendo baluardo solo in poche sedi.

Di questo passo ci si inizia a chiedere quando vedremo Kate Middleton in un paio di jelly shoes.