Mentre si concludono le operazioni di sgombero del Leoncavallo (un’operazione prevista per il 9 settembre, ma anticipata al 21 agosto), Marina Boer non smette di combattere per il centro sociale più famoso d’Italia, che proprio nel 2025 ha compiuto 50 anni.

"Questo muro che si è creato è un indice delle scelte politiche di questa città. Probabilmente ci sono state pressioni. Ciò che fa rabbia è che questo è un sintomo di cosa sia diventata Milano, che una volta era piena di cultura e di attività per tutti. Ora sta bene ai milanesi questo deserto di grattacieli? Questo diffuso happy hour? È davanti a tutti cosa sia diventata la città" dice la presidente dell’associazione Mamme Antifasciste del Leoncavallo. A lei il Viminale ha chiesto 3 milioni di euro, vale a dire la cifra che il ministero dell’Interno era stato condannato a versare ai Cabassi, proprietari dell'area attraverso Immobiliare Orologio, proprio per il mancato sgombero.

Chi sono le Mamme Antifasciste del Leoncavallo

Marina Boer è al Leoncavallo dalla fine del 1980, e insieme a Giulio “Astucha” Astengo ha recuperato la vecchia stamperia della Sonzogno, attivato un laboratorio di un atelier teatrale. Da qualche anno presiede l'associazione Mamme Antifasciste del Leoncavallo, registrata negli anni '90 ma nata in realtà subito dopo l’uccisione di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, avvenuta il 18 marzo 1978. “Il comportamento degli sparatori riporta inequivocabilmente a una matrice eversiva di destra: esecuzione a sangue freddo delle due vittime mentre esse si trovavano nei pressi di un centro sociale di sinistra, giovane età degli sparatori, abbigliamento, utilizzo di un sacchetto di plastica per raccogliere i bossoli e non consentire una perizia comparativa con altri episodi analoghi” scriverà il pm Guido Salvini ma le indagini sui tre neofascisti sospettati dell’omicidio, tra i quali Massimo Carminati, verranno poi archiviate.

All’indomani dell’omicidio Luciana Castellini, Carmen De Min, Lydia Franceschi – mamma di Roberto, ucciso nel 1973 da un proiettile dei carabinieri sparato durante una manifestazione studentesca – e Danila Angeli – la mamma di Fausto – diedero il via a un movimento spontaneo di donne che chiedeva verità e giustizia per i propri ragazzi e combatteva perché avessero i loro spazi e potessero esprimere le proprie idee.

"Abbiamo lottato per il diritto all’aborto, contro il caro vita, contro gli spacciatori, contro il nucleare, per la libera informazione, portando volantini via per via, casa per casa, instancabili. (Per esempio informando le donne dell’esistenza e dell’utilità dei consultori). E quante denunce ci siamo prese!! Oggi siamo un po’ più vecchie, però molte di noi sono presenti e attive nell’Associazione Familiari e Amici di Fausto e Iaio, e comunque tutte lavoriamo sempre per affermare l’antifascismo e i diritti dei più deboli" ha raccontato qualche anno fa Carmen De Min.

Ex partigiane o casalinghe, operaie o massaie: è grazie alle mamme antifasciste che il Leoncavallo si all0ntana dall'antagonismo per diventare un centro culturale, di arte e di aggregazione, “un valore storico e sociale nella nostra città” come l’ha definito il sindaco Beppe Sala (che si è detto all’oscuro dell’operazione di sgombero del Leoncavallo). Ma soprattutto, per citare Boer, “il simbolo della possibilità di una città diversa”.