Cosa abbiamo ascoltato nel 2024? Wrapped, che raccoglie le statistiche di Spotify, ci ha rivelato quanto abbiamo gusti mainstream o, al contrario, di nicchia. Le tendenze si evolvono, le meteore si eclissano, le icone si consacrano, le voci emergenti si impongono, ma un dato resta costante. Mentre nel mondo Taylor Swift, Sabrina Carpenter e Billie Eilish fanno incetta di streaming come nessun altro, le playlist italiane sono presidiate da uomini. Prendiamo la top 10 degli artisti più ascoltati del 2024. In vetta c’è Geolier, per trovare una donna occorre scendere al quinto posto, occupato dalla rapper Anna. Ed è l’unica. È un dato di fatto, a prescindere dalle polemiche sollevate in coda all’ultima edizione di X Factor da Francamente. Del resto, sebbene alla fine il talent sia stato vinto da una ragazza, Mimì Esposito, in gara c’erano appena 4 soliste su 12 concorrenti, tra cui 5 band composte tutte da uomini con un’unica eccezione, così come da alcuni anni una sola donna siede tra i giudici. Più che un’anomalia, la dimostrazione plastica di un problema strutturale di accesso al palco, e alla visibilità, per le artiste italiane. La conferma viene direttamente da Sanremo. Secondo un’elaborazione della sociologa Rebecca Paraciani, dal 1950 al 2024 la percentuale della partecipazione femminile non ha mai superato il 27,3 per cento del totale degli artisti, dato di poco inferiore a quello del prossimo festival (11 donne su 30 big). E se è vero che per la selezione dei giovani è stata creata, e comunicata, una commissione paritaria, l’operazione trasparenza non ha incluso i big.

Per colmare il divario, Spotify tre anni fa ha lanciato Equal, un progetto con playlist dedicata per promuovere la presenza delle donne nell’industria musicale. Lo scorso dicembre ha anche organizzato un mega evento charity a Milano, cui hanno partecipato oltre 70 artiste, fra cui Victoria dei Måneskin, Annalisa, Anna, Francesca Michielin, Gaia, Emma Marrone, Rose Villain. Una vera chiamata all’azione. "Non ho deciso di partecipare per trasmettere un qualche messaggio, l’essenziale è stato esserci... perché è proprio questo il messaggio!", commenta Emma a proposito della sua adesione. "La presenza delle donne nella musica c’è ed è pure tanta, solo che non se ne parla abbastanza: delle artiste, degli show incredibili che fanno, dei loro tour. E così i loro album vengono “pushati” meno. Ma noi ci siamo, eccome!".

Seppure lentamente, qualcosa si sta muovendo. "Dal lancio di Equal, il numero di artiste inserite nelle playlist editoriali italiane di Spotify è aumentato del 40 per cento, ma se guardiamo alla quantità di brani ascoltati la crescita è addirittura dell’80", osserva Federica Tremolada, general manager Spotify Europe. "Restringendo il campo alle sole musiciste italiane, poi, il numero dei loro brani nelle playlist internazionali è aumentato del 110 per cento e grazie al programma nel 2024 hanno visto una crescita globale degli ascolti sulla piattaforma di oltre il 10 per cento sul 2023".

Rispetto ad altre realtà europee, però, in Italia il cambiamento appare particolarmente rallentato. Come mai? "Ogni paese ha una sua storia musicale unica, che rispecchia anche i generi più amati, e quest’ultimo fattore può avere un impatto sulla presenza delle musiciste nelle top chart", risponde Tremolada. "In Italia, per esempio, l’urban, che è il più seguito dai giovani, ha visto solo di recente l’affermazione di grandi talenti femminili come la rapper Anna, da due anni l’artista donna più ascoltata su Spotify". A guardare il bicchiere mezzo vuoto, però, rap e trap registrano tuttora una schiacciante presenza maschile, se non maschilista, con tanti testi che inneggiano all’oggettivazione della donna, vedi anche il “caso Tony Effe”. E se i toni spesso sono fin grotteschi, purtroppo suonano serissimi alle orecchie di un pubblico di teenager. "La musica è uno specchio della società, di conseguenza finché in quest'ultima ci sarà un gap, non potrà esserne immune. Tuttavia, anche grazie allo streaming, si stanno ampliando le opportunità per un numero sempre più grande di artisti e artiste", chiosa Tremolada.

Una visione più critica viene da chi nell’industria musicale ci lavora a tutti i livelli, dalla produzione al palco. "Alcune cose sono cambiate, ma altre sono inamovibili", afferma Irene Tiberi, co-fondatrice di Equaly, community di cantautrici e professioniste della musica. "Oggi c’è più consapevolezza, collaborazione e sorellanza tra di noi, un tassello importante perché il cambiamento non può che essere collettivo. Ciò che invece demoralizza è la mancanza di presa di coscienza da parte dei colleghi maschi. Molte aziende del settore stanno chiedendo la certificazione di parità di genere, ma è solo un’operazione di facciata, manca un reale cambio di prospettiva da parte di manager, musicisti, direttori artistici di festival. Anche per questo abbiamo scritto con altre realtà un manifesto contro il pink washing. Continuiamo ad assistere alla cancellazione del talento e della creatività delle donne e di altri gruppi sottorappresentati: anche questa è una forma di violenza di genere".

Equaly ha appena rilasciato un report con i primi risultati di un questionario, tuttora aperto, sulle molestie contro le donne nel settore. L’83 per cento delle partecipanti dichiara di essersi sentita discriminata almeno una volta. Urla, intimidazioni, mancato riconoscimento dei meriti sono solo alcuni degli atti subiti più di frequente. «Nella maggior parte dei casi avvengono nell’abituale ambiente di lavoro, perpetrati da superiori e colleghi, persone con cui siamo costantemente a contatto, il che assimila questo tipo di molestie alla violenza domestica», sottolinea Tiberi.

Ma se a decidere il successo di una canzone alla fine è il pubblico, che è composto almeno al 50 per cento da donne, perché per le artiste la via al riconoscimento è così in salita? "Facciamo fatica perché ci mettiamo più tempo a dimostrare la nostra credibilità di autrici. A frenare è il pregiudizio per cui se sei donna puoi fare solo la cantante, e per convincere devi impegnarti il doppio", rispondeva nel 2021 Annalisa al lancio di Equal in Italia, di cui è stata la prima ambassador. Da lì a qualche anno, nel 2024, avrebbe vinto il Best Italian Act agli Mtv EMAs. Le sue parole sono ancora attuali: l’età media delle artiste italiane è 37 anni, 8 in più rispetto alle colleghe internazionali, 3 in confronto agli uomini.

"Se in Italia resistono gli stereotipi è a causa della stampa che presenta artisti e artiste in modo diverso: i primi sono imprescindibili e geniali; le seconde sono sempre emergenti», osserva Tiberi. "Nella nostra cultura, condizionata da fomo e performance, la pressione sociale fa il resto. Inoltre, la musica digitale sulle piattaforme si nutre di algoritmi, che non sono mai neutri ma acquisiscono a loro volta stereotipi per poi riproporli. E con l’AI sarà ancora peggio". Una bolla musicale che la playlist Equal può far scoppiare. "Spotify ha fatto un’operazione utile perché educa l’algoritmo a tenere conto del genere, che altrimenti ignorerebbe", dice Tiberi.

I pregiudizi contro le donne nella musica pop non sono storia recente, ma si annidano nelle sue stesse radici, dal blues al rock’n roll, dal punk all’hip hop. Lo racconta molto bene l’illustratrice spagnola La Rata, al secolo Tania Salvador, in Give it to me! (Corbaccio), illuminante carrellata in stile fanzine di artiste che si sono prese il microfono per far sentire la loro voce su temi quali libertà, sessualità e autodeterminazione, e per questo sono state osteggiate, ignorate, censurate. Tra loro, Big Mama Thornton che compose Hound Dog, poi “scippata” da Elvis Presley: a lui fruttò 4,3 milioni di dollari, a lei 500 dollari. Billie Holiday, perseguitata per 17 anni e incarcerata per il brano antirazzista Strange Fruit. Britney Spears, messa sotto tutela e privata dei suoi guadagni, poi liberata grazie ai fan. Nicki Minaj, la rapper che ha venduto oltre 100 milioni di album e non ha mai ricevuto un Grammy.

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Corbaccio
La cover di Give It to Me! di La Rata (Corbaccio).

"L’idea del libro è nata dalla constatazione che nella narrazione egemone della musica pop c’era un vuoto: la sessualità espressa da molte artiste nelle loro canzoni era stata cancellata o manipolata. Ho voluto restituire loro la dignità e anche il potere, nel senso che gli dà l’attivista Audre Lorde, quando parla dell’erotismo come una forza vitale femminile", dice La Rata. I casi di Billie Holiday e Britney Spears colpiscono in modo particolare. "A distanza di anni vediamo in azione lo stesso meccanismo che attraverso mariti, padri, manager, psichiatri, vari strumenti del patriarcato, castiga le musiciste che non si comportano come vuole il sistema". E la prima discriminazione è quella economica. "Courtney Love, a lungo vittima di una vera campagna d’odio, l’anno scorso sul Guardian ha spiegato in modo chiaro cosa significa ricevere un Grammy per un’artista: compensi più alti per i concerti, migliori condizioni per il prossimo disco o tournée, ed è un fatto che le donne, specie non bianche, sono state a lungo ignorate dal sistema mainstream". Oggi, però, grazie agli strumenti digitali, le cose sono migliorate. "Se Billie Eilish, Beyoncé o Nicki Minaj stanno guadagnando più soldi di chiunque altro è perché si autoproducono: non hanno più bisogno dell’industria discografica che fino a ieri le aveva sfruttate", conclude La Rata.