In Spagna, che è diventato sotto il governo di Pedro Sanchez il riferimento europeo in materia di diritti civili e progressismo (è notizia di pochi giorni fa la legge, al centro di un acceso dibattito, che permette il cambio di sesso sui documenti senza iter medico e giudiziario anche per gli adolescenti), esiste una regolamentazione nazionale sul congedo mestruale. Che si traduce in questo: le persone che soffrono di forti dolori mestruali potranno assentarsi dal lavoro per un massimo di tre giorni al mese. La bozza di riforma include altre proposte, come l'obbligo per le scuole di fornire assorbenti igienici, la gratuità di assorbenti per le donne in condizioni sociali emarginate e l'eliminazione dell'IVA dal prezzo di vendita. Secondo la Società spagnola di ginecologia e ostetricia, circa un terzo delle donne che hanno le mestruazioni soffre di forti dolori, noti come dismenorrea, e la percentuale aumenta se si tiene conto anche dei dolori pre-mestruali. Angela Rodriguez, segretario di Stato per l'uguaglianza, ha spiegato al quotidiano El Periodico: "Se qualcuno ha una malattia con tali sintomi, viene concessa un'invalidità temporanea, quindi lo stesso dovrebbe accadere con le mestruazioni, permettendo a una donna con un mestruo molto doloroso di rimanere a casa".

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Con tutta probabilità i dati spagnoli rispecchiano la situazione degli altri Paesi del vecchio continente, dove, però, le leggi che vanno incontro a questo tipo di disagio invalidante non esistono. Vedi l'Italia, dove l'introduzione del congedo mestruale in un liceo di Ravenna, ha fatto notizia. Gli unici Stati infatti che hanno introdotto normative uguali a quella voluta dal partito Podemos sono Giappone, Corea del Sud, Indonesia, Taiwan e Zambia. Dove non te lo aspetteresti, ecco che esistono. In Europa la scelta di introdurre il congedo mestruale è lasciata all'iniziativa di singole realtà, come quella della startup francese Louis (che progetta e produce mobili per uffici) e, a partire dallo scorso 8 marzo permette un giorno off al mese aggiuntivo alle sue professioniste, quando hanno delle mestruazioni particolarmente dolorose. Laddove non arrivano le leggi, per ora, arriva il passaparola: azienda dopo azienda, anche in Italia crescono le imprese che dicono sì a questo cambiamento, che suona male chiamare "concessione" (si concedono gli sfizi, non il diritto alla malattia). È da poco successo in Veneto, dove un'azienda di Quarto d’Altino, non lontano da Venezia, ha introdotto un giorno al mese di congedo per chi soffre di mestruazioni dolorose, senza bisogno di certificato medico o di approvazione del capoufficio. "Il congedo", spiega Martino Ormesani, uno dei due fratelli amministratori delegati, "è nato semplicemente come gesto che noi consideriamo umano nei confronti delle dipendenti che, al di là delle patologie, possono trovarsi in determinati momenti dell’anno, o per le ragioni più disparate, ad avere un ciclo più doloroso del solito". E oggi dalla Romagna, come dicevamo, terra che insieme la sorella Emilia ha un governo regionale e amministrazioni locali molto attente alla parità di genere, arriva la notizia del liceo Artistico di Ravenna che ha istituito il congedo mestruale per le studentesse che lo richiedano. "Probabilmente - ha spiegato il preside, Gianluca Dradi - per una scuola si tratta della prima iniziativa di questo genere in Italia". La delibera con la quale il consiglio di istituto del Liceo Artistico 'Nervi-Severini' ha dato avvio all'iniziativa, è stata pubblicata nei giorni scorsi sull'albo on line della scuola ed è quindi già ufficiale ed attiva.

Per le adolescenti i primi anni, o mesi, alle prese con la sofferenza da ciclo sono ancora più debilitanti che per le donne adulte. Il dolore è lo stesso per entrambe, ma le prima sono meno attrezzate e meno "allenate" per affrontarlo. La brutalità della dismenorrea è stata per lunghissimo tempo liquidata come cosa di poco conto, risolvibile con una borsa dell'acqua calda e qualche pasticca di anti dolorifico. Solo da qualche anno a questa parte anche gli uomini ricercatori, dopo aver esplorato tutti gli aspetti della fisiologia umana comune a entrambi i sessi, hanno iniziato a interessarsi alla questione. E nel 2016 John Guillebaud, professore dell'University College di Londra, è riuscito a quantificare la soglia di sofferenza a cui giungono alcune donne e a dimostrare che può superare quello di un attacco di cuore.

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Nel 2017 anche in Italia un gruppo di parlamentari cercò di portare in discussione un disegno di legge che prevedeva, tra le altre cose, la possibilità del telelavoro in quei giorni critici, per chi poteva sostenerlo. Ma il testo fece la fine di molte altre proposte di legge dedicate al riconoscimento di diritti civili, dimenticato nel cassetto dei progetti da prendere in considerazione quando saranno risolte "tutte le altre cose più importanti". Ed ecco che allora si torna alle iniziative di singole realtà, che si muovono in modo indipendenti, nel vuoto legislativo che le circonda. Al Nervi-Severini di Ravenna, dunque, si è deciso di riconoscere alle studentesse che soffrano di dismenorrea, la possibilità di assentarsi per un massimo di due giorni al mese senza che tale assenza sia calcolata tra quelle che devono essere considerate per la validità dell'anno scolastico. La legge prevede infatti che gli studenti debbano frequentare almeno i tre quarti dell'orario annuale per potere essere ammessi agli scrutini: conseguentemente un quarto dell'orario annuale è la quota massima di assenze possibili per la validità dell'anno scolastico. Secondo il regolamento approvato, le studentesse con dismenorrea certificata avranno la "possibilità di produrre un solo certificato medico all'anno, attestante detta sindrome, al fine di vedersi riconoscere sino a due giorni al mese come deroghe al vincolo di frequenza di almeno tre quarti dell'orario annuale personalizzato, assenze che pertanto non incidono sul monte ore massimo di quelle consentite ai fini della validità dell'anno scolastico, ferma restando la necessità della presentazione della giustificazione dei genitori (o delle studentesse maggiorenni), mediante libretto web". Le rappresentanti della componente studentesca nel consiglio di istituto del 'Nervi-Severini' hanno fatto presente come molte ragazze soffrano di crampi mestruali tanto forti da interferire con lo svolgimento delle normali attività, raccogliendo in proposito 16 testimonianze di loro compagne. Ma per tornare un attimo ai Paesi sopra citati che hanno introdotto il congedo mestruale, occorre fare una specifica, prendendo ad esempio il Giappone. Che oggi non è tanto una guida da seguire, quanto un monito di quanto una legge davvero efficace debba essere sempre accompagnata da un cambiamento culturale e sociale. L’idea che ha spinto il Giappone ad adottarlo viene da alcune teorie sulla fertilità femminile: i sindacati infatti mettevano in guardia dalle conseguenze che i lunghi orari di lavoro e le scarse condizioni sanitarie avrebbero potuto avere sulla capacità riproduttiva delle lavoratrici. Izumi Nakayama, un professore all’Università di Hong Kong che ha studiato a lungo il congedo mestruale giapponese ha spiegato come essa sia stata "una misura che fin dall’inizio ha deciso di non tutelare le lavoratrici in quanto persone, ma in quanto possibili madri. A questa motivazione ben poco femminista si aggiunge poi il grande paradosso dei congedi effettivi: nel 1965, circa il 26% delle lavoratrici giapponesi usufruiva del congedo mestruale. Nel 2017 la percentuale è scesa al di sotto dell’1%". Ecco che prima di evidenziare l'esempio da seguire occorre, come diciamo spesso, osservare il contesto che talvolta fa cambiare radicalmente idea.