Ci sono articoli nei quali più che esprimere un parere, ci preme di più interrogarci su situazioni abbastanza complesse, intorno alle quali possiamo portare la nostra personale esperienze che ovviamente non può e non deve costituire alcun tipo di verità. Accade, in questi giorni, che le scuole elementari, chiuse ormai da un mese e chissà ancora per quanto, che non si sono attrezzate per le video lezioni quotidiane con i bambini, stiano cercando di mantenere un contatto con gli alunni attraverso messaggi vocali o telefonate one to one, e questo sta generando un denso dibattito nelle varie chat delle mamme. Così, in parallelo all'assegnazione dei compiti, capita che di tanto in tanto sia le educatrici dei più piccoli che le insegnanti, facciano capolino nella routine totalmente domestica (dato che anche i parchi sono giustamente proibiti) di pupi o ragazzini che stanno cercando, come noi adulti, di capire come adattarsi a qualcosa di radicalmente opposto a tutto ciò che erano abituati a fare. E ecco che qui arriva la testimonianza diretta di chi scrive e di un gruppo di amiche con cui ci si confronta: in buona sostanza pare di capire (ribadiamo: da un campione molto ristretto) che chi sta usufruendo della tele-scuola anche per gli alunni delle elementari, con video lezioni, di tutte le materie, ogni mattina, sia molto grato e felice di questa soluzione, e è facile capire perché: i bambini così facendo hanno un tot di ore impegnate ogni giorno, vedono fisicamente le maestre, possono interagire e sentirsi meno isolati dal mondo pre quarantena.

Le iniziative, tuttavia, su come gestire la continuità dell'attività scolastica, sono gestite in autonomia dai dirigenti scolastici, alcuni dei quali, e qui arriviamo alla mia situazione e a quella di molti altri, si professano contrari alla didattica a distanza per i più piccoli. Le ragioni sono che sia troppo presto per offrire lezioni via webcam: sotto i dieci anni, infatti, la concentrazione a distanza è ancora un optional, mentre via libera a favole, anche inventate ad hoc per spiegare in modo "giocoso" che cosa sia il coronavirus. Altre idee messe in campo sono messaggi vocali nei quali le docenti salutano e rincuorano i bimbi, o, come nel caso dei piccolissimo del nido, leggono un libro molto basic e pieno di disegni. Le reazioni? Eh, insomma.

Il mio figlio più piccolo, tre anni appena compiuti, sembrava non aver, finora, subìto particolari contraccolpi dal lockdown dell'asilo, se non un naturale bisogno fisiologico di giocare e correre, cosa che riesce in parte a fare con noi e la sorella, e grazie al cortile del nostro condominio che usiamo a turno, un nucleo famigliare per volta e con precisa distanza di mezz'ora gli uni dagli altri. Una volta viste in video le tate ha iniziato a chiedere se il giorno dopo sarebbe potuto tornare a scuola. Non che si sia realmente immalinconito, ma la contentezza di aver ascoltato una storia letta dalle sue assai adorate educatrici, s'è esaurita nel momento in cui non ha potuto comunicare con loro. Per quanto riguarda quella grande (e buona) tiene botta come solo i capricorno sanno fare: si butta sui compiti come un guerriero che va in battaglia, dipinge, si adopera in costruzioni con lego, mattoncini, e cannucce che io manco adesso sarei in grado di fare, richiede pomeriggi di cineforum, legge per i cavoli suoi veri e propri libri, e fa lunghe video chiamate con le amiche (che Montessori abbia pietà di noi). Ma poi, quando arrivano i vocali delle sue due maestre, l'espressione cambia, quasi come quando vede sul telefono le facce dei nonni, e per un po' se ne sta in silenzio. Ecco, confrontandomi con altre mamme, queste reazioni sembrano piuttosto comuni, ed ancora non sappiamo come andrà con le vere e proprie telefonate one to one in programma per questi giorni. Non sappiamo davvero chi stia percorrendo il percorso migliore, certo quel che sappiamo è tutti, davvero tutti, ce la stiamo mettendo tutta e pure di più. Sperando che questo sforzo non risultati tale, me che arrivi ai figli come la piacevolezza di stare insieme, anche se costretti.