Lei ha un paio di occhi celesti tagliati come mandorle, il naso piccolo, le ciglia lunghe e una testa spettinata in varie gradazioni di biondo. La sua bellezza, questa perfezione così inconsapevole, e così quotata sul mercato delle relazioni inumane, mi consegna a un’ansia leggera ma persistente. Mi pare che la guardino troppo. Mi pare che ogni sguardo la invecchi. È un minimo corpo di donna alle prese con desideri da bambina. Il parco giochi, la sabbia, una papera di gomma. Indossa uno straccetto fiorito, che si apre come un sipario sulla forza snella delle gambe. Starà con me tutta l’estate. La mia sfida è che non pianga, che non si annoi, che non cerchi sua madre. Perciò la spingo sull’altalena.
Più forte, chiede. E poi ancora più forte. Chiede, pretende. Implora: più forte! Fammi volare.
Provo a obbedire, cerco di scrollarmi di dosso la paura come un cavallo le mosche che gli volano sugli occhi. Spingo forte l’altalena, spingo con tutta la maledetta energia di una madre a termine. Una sostituta. Una madre vecchia chiamata a salvare l’infanzia della figlia di una figlia in odore di divorzio. Spingo perché hanno chiesto una tregua, i figli in coppia. Vogliono mandarsi liberamente al diavolo in un’isola greca, al sole. Probabilmente menandosi. Ma senza testimoni innocenti. Dal suo minimo seggiolino di legno lei vola sempre più in alto stendendo le gambe verso il cielo. Sembra improvvisamente felice e anche io, aggrappata al gesto di spingere, ritmicamente, lei che vuole volare, trovo pace.
Non ha più bisogno di chiedermi coraggio, né io di raccomandarle prudenza, siamo una coppia di atlete, ormai, decise a scalciare le nuvole, a prenderci la nostra parte di cielo. Quasi non me ne rendo conto, ma ci siamo staccate da terra. Volo anche io adesso. Prendo quota e le lascio la mano. Il mondo sotto di noi si confonde in una lontananza benevola. Lei mi vola davanti, con la grazia di una farfalla, io le volo dietro (della farfalla ho l’aspettativa di vita, due giorni, tre se ti comporti bene), ma non ha importanza. Il sole e la luna si dividono un cielo di ghiaccio e sabbia. Voliamo, ciascuna protetta dal suo progetto: lei di andarsene libera, io di imparare a tornare.
Lidia Ravera è una scrittrice italiana, il suo ultimo libro è Volevo essere un uomo (Einaudi). L'immagine che ha ispirato il suo racconto fa parte del progetto Manual of how to become a good girl della fotografa Vanessa Lucrezia Francia, classe 1994. Scatti di famiglia, foto d'archivio, autoritratti e istantanee condivise sui social, accompagnate da didascalie a volte descrittive, altre ironiche o cupe, compongono un percorso di crescita intimo e personale che parte dall'infanzia, quando i gesti sono più liberi e spontanei.