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Le statistiche sulla presenza di un crescente disagio, in particolare nei giovanissimi, ci inseguono dal 2020 e riguardano la fotografia del presente ma anche il racconto di cosa accade quando ce ne occupiamo e quando no. Un racconto chiaro per la maggior parte degli italiani che nel 2023 pensava, nella misura dell'80%, che lo psicologo fosse utile: percentuale salita di altri dieci punti nel 2024. Non è chiara invece la direzione che stiamo imboccando: stiamo davvero investendo sulla salute mentale? Alla sensibilità sviluppata negli ultimi anni fanno eco azioni concrete?
Stiamo davvero investendo sulla salute mentale?
Le ricerche più volte hanno evidenziato che gli interventi psicologici hanno ricadute concrete anche sulla spesa sanitaria, sulla produttività e in generale nel sostenere l'evoluzione positiva delle singole persone e nei gruppi, finendo per ripagarsi da sé. Eppure. Eppure le notizie sulla salute mentale, a portata di tutti nei feed delle news, ci raccontano come manchino operatori, manchi una legge nazionale sullo psicologo di base, lo psicologo fisso a scuola non ci sia, aumentano le richieste di prestazioni psicologiche, e quanto, probabilmente anche in risposta al mancato intervento, gli accessi ai pronto soccorsi e i ricoveri presentino in una percentuale consistente problematiche più legate a manifestazioni psichiche più che ad altro. E per non abbatterci troppo, non accenniamo nemmeno a tutti quegli interventi comunitari e preventivi che potrebbero andare a lavorare sulle radici del malessere dei giovanissimi. Ma ci stiamo preoccupando troppo?
La salute mentale e la scuola
Ci chiediamo questo perché, nonostante la presenza di positivi interventi singoli o temporanei in questa direzione (pensiamo al Bonus psicologo o alle esperienze regionali sulle Cure Primarie..), l’impressione è che continui a mancare un’azione globale a sostegno totale alla salute mentale, che i servizi a cui le persone si rivolgono siano sempre volenterosi ma sovraccarichi e che infine chi ha bisogno debba “pagarsi” la terapia.
Dove, lo ricordiamo, il bisogno di psicologia non si esaurisce nel fare terapia: anche l’educazione sessuale a scuola è un bisogno psicologico e sociale che rimane ad oggi insoddisfatto o a discrezione dei dirigenti scolastici (quando hanno i fondi).
Nel quadro di questi dubbi, si inserisce la dichiarazione sul sito Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi di pochi giorni fa: "Abbiamo ascoltato con attenzione le dichiarazioni del Ministro della Salute, Orazio Schillaci, sulla prossima pubblicazione del Piano per la Salute Mentale. È sicuramente un segnale importante, ma non possiamo non rilevare un fatto emblematico: l’annuncio è stato fatto in un convegno sulla salute mentale senza la presenza degli psicologi”. Lo stesso Lazzari, Presidente del Cnop, ha più volte ribadito che il benessere psicologico deve essere considerato parte integrante del diritto alla salute, sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e come vadano contrastate disuguaglianze nell’accesso ai servizi e quanto sia inaccettabile rimanere soli di fronte alla sofferenza psicologica. Chiediamo quindi a Lazzari: stiamo davvero investendo sulla salute mentale? Ci sono azioni in controtendenza?
Le ultime ricerche sulla salute mentale
“Lo scenario in questo campo è molto cambiato. L’aumento non riguarda le malattie mentali più gravi ma i disturbi più comuni come ansia e depressione e le diverse forme di disagio psicologico, la distribuzione somiglia a quella di un iceberg, e si tende a vedere e preoccuparsi della parte emersa, continuando a non fare nulla per i 4/5 sommersi. Per la salute fisica i cambiamenti di scenario hanno portato ad investire sui temi della prevenzione e della promozione della salute, pensiamo all’attività fisica, agli stili di vita. Nel campo della psiche è fondamentale una operazione analoga investendo su una rete psicologica in grado di fare prevenzione intercettando precocemente i problemi e aiutando a sviluppare le risorse psicologiche. Le ricerche degli ultimi anni ci dicono che queste forme di disagio incidono molto negativamente sulla qualità dello sviluppo e della vita oltre che sulla salute fisica e mentale”.
L'economia della salute mentaele
Sembra sempre che la figura dello psicologo dipenda dalla sensibilità di chi decide in quel momento e in quel contesto. Questo potrebbe essere legato al fatto che la comunità degli psicologi italiani sia una comunità prevalentemente femminile e fatica a far passare ciò che di buono fa? O siamo dentro ad una complessiva svalutazione, nei fatti, del dialogo con il mondo della salute mentale? Perché, ad esempio, anche la notizia che chi assume alcuni psicofarmaci possa (ad oggi) risultare positivo ai test del nuovo codice della strada, va comunque in questa direzione. Cosa andrebbe fatto? E possiamo coltivare speranza?
“Se pensiamo che ogni euro investito nel bonus ha fatto risparmiare 12 euro solo in campo lavoro direi che è più che una speranza. Il problema è il cambio di mentalità: non possiamo più ragionare aspettando che le persone si ammalino, perché è una strategia perdente e insostenibile economicamente. Dobbiamo usare la Psicologia per aiutare i ragazzi, gli adulti e gli anziani a sviluppare competenze per la vita, equilibri adattivi, resilienza e capacità di fronteggiare lo stress e le situazioni critiche. Aiutare, prevenire vuol dire ascoltare, sostenere e dare strumenti, a livello individuale ma anche di comunità, collettivo. Non a caso, accanto alla psicologia clinica e alla psicoterapia esiste la psicologia sociale, di comunità, della salute, scolastica, del lavoro…. Il tema riguarda gli ambiti sociali, che oggi devono assolvere anche a questo compito. Ecco perché insistiamo che serve una rete psicologica pubblica strategica. I temi del terzo millennio non possono essere trattati con gli schemi del ‘900”.