Immaginate un gruppo di anziani, prevalentemente donne, in stato di benessere e autonomia che si riunisce ogni settimana solo per stare insieme. Accade a Garbagnate Milanese, grazie a un progetto gratuito, ad accesso libero per cui non serve iscrizione e dove si può accedere anche a metà del percorso o a metà di un incontro. Il gruppo si incontra sempre lo stesso giorno sempre alla stessa ora. Non è necessario avvisare nessuno: chi partecipa sa che il gruppo sarà lì, e che incontrerà altre persone che vivono sole. L’obiettivo del progetto, realizzato grazie al sostegno economico di Fondazione Comunitaria Nord Milano onlus ha proprio come scopo sia la stimolazione delle funzioni cognitive, per rallentare il decadimento di memoria, ragionamento, attenzione, orientamento, ed umore, sia la socializzazione delle persone, in particolare donne, affinché non si sentano isolate. Il progetto, non per nulla, si chiama Rete della Felicità e si inserisce nell'obiettivo più ampio di prevenire lo sviluppo della demenza.

Cosa accade davvero in questi incontri? I momenti di condivisione sono sempre speciali, soprattutto quando sono le donne con tante esperienze alle spalle a raccontarsi. Ma non solo: giochi cognitivi, esercizi, momenti informativi e di chiacchere alternati a veri e propri momenti di arteterapia e stimolazione neuropsicologica permettono ai partecipanti di conoscersi e mettersi in gioco, ad ogni età stando sempre attenti a lasciare il giudizio fuori dalla porta, soprattutto nei momenti più faticosi.

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Martin Barraud//Getty Images

L’attenzione alla salute emotiva, cognitiva e relazionale degli anziani è un tema cruciale per il benessere della comunità e per chi si occupa di fragilità, ma per farcela è poi indispensabile mettere in rete le forze e le competenze, come in questo caso dove la Rete della Felicità vede coinvolti più attori sociali (l’amministrazione Comunale, Sir, Koinè, Spazio Giovani e Cooperativa sociale Intrecci.. ). Per arrivare fino alla popolazione più fragile con un progetto di prevenzione bisogna sempre unirsi, e parlarsi. Attendere che i partecipanti vengano spontaneamente significa lasciare a casa le persone che potrebbero averne più bisogno e che magari sono meno attive, meno informate, meno autonome negli spostamenti. Se un farmaco per la demenza ancora manca, non mancano gli interventi, come questo, per contrastare i fattori di rischio di demenza. Perché per combattere questo male è fondamentale prima di tutto fare prevenzione e a ricordarcelo è anche un rapporto stilato ogni anno.

Che cosa dice il rapporto Lancet su prevenzione, intervento e cura della demenza

Il rapporto 2024 della Commissione permanente del Lancet su prevenzione, intervento e cura della demenza è un aggiornamento sulla lotta alla malattia, in grado di fornire un’ampia prospettiva sulla prevenzione della demenza, indicando dove porre la nostra attenzione. Sappiamo infatti che il numero di persone che convivono con la demenza continua ad aumentare, rendendo necessario identificare e accrescere interventi di prevenzione rivolti non solo agli adulti ma all’intero arco di vita.

Perché è così importante farlo? Perché ne abbiamo le prove. L’attenzione posta alla riduzione dei problemi vascolari (invitando a ridurre il fumo o l’ipertensione) aiuta ogni giorno a ridurre l'incidenza della demenza correlata all'età. Lo stesso va fatto per tutti gli altri fattori di rischio. Ma facciamo un passo indietro. Nel 2020 la stessa commissione aveva identificato 12 fattori di rischio per lo sviluppo della demenza e questo nuovo report ne aggiunge due: scarsa istruzione e inattività cognitiva, perdita dell'udito, ipertensione, fumo, obesità, depressione, inattività fisica, diabete, consumo eccessivo di alcol, trauma cranico, inquinamento atmosferico e isolamento sociale. Ora la commissione porta ricerche convincenti a supporto del fatto che anche la perdita della vista non trattata e il colesterolo LDL elevato sono fattori di rischio meritevoli di attenzione. Si stima che l’impatto di questi fattori riguardi l’insorgenza addirittura del 45,3% delle demenze. Un dato molto grosso.

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Martin Barraud//Getty Images

Come possiamo intervenire in anticipo?

In che modo questa cosa ci riguarda? Gli studi mostrano come la nostra riserva cognitiva e fisica si sviluppi nel corso della vita e come la riduzione dei 14 fattori di rischio riduca il rischio di sviluppare demenza poi da anziani: “È stato dimostrato che le persone con stili di vita sani, che comprendono esercizio fisico regolare, non fumo, evitano eccessi di alcol e includono attività cognitive in tarda età, non solo hanno un rischio inferiore di demenza rispetto a coloro con stili di vita meno sani, ma hanno anche un ritardo nell'insorgenza della demenza più lungo della loro maggiore aspettativa di vita, con conseguente maggior numero di anni in salute e minor numero di anni di malattia”. La capacità di resistere alla neuropatologia prima di mostrare i sintomi della demenza è descritta come riserva cognitiva. Le attività cognitive e sociali aumentano la riserva cognitiva e attenuano l'effetto della neuropatologia.

Il report della commissione parla chiaro: “Il potenziale di prevenzione è elevato e, nel complesso, quasi la metà delle demenze potrebbe teoricamente essere prevenuta eliminando questi 14 fattori di rischio”. Queste parole oltre a tenere alta la speranza nella lotta alla demenza, rappresentano una guida per tutti coloro che a livello sanitario, sociale e politico desiderano implementare servizi con questo obiettivo.

Attività cognitiva, depressione e isolamento sociale: 3 fattori da tenere sott'occhio

Oggi vogliamo occuparci di tre di questi 14 fattori di rischio che hanno catturato la nostra attenzione: attività cognitiva, depressione e isolamento sociale. Ci immaginavamo che essere depressi, con pochi amici e pochi stimoli mentali potesse farci ammalare di demenza?

Il primo fattore è l’inattività cognitiva. Secondo il rapporto Lancet è importante essere vivaci sul piano cognitivo e sociale non solo nell’età adulta ma anche oltre i 65 anni: nuove ricerche dimostrano che continuare ad essere stimolati mentalmente nella mezza età fa la differenza anche nelle persone che hanno svolto pochi anni di istruzione scolastica. Questo significa che è importante rimanere costantemente attivi con attività che fanno lavorare la nostra attenzione, memoria, percezione, linguaggio e ragionamento durante tutto l’arco di vita e in particolare anche dopo la pensione. Continuare a sollecitare le funzioni cognitive aiuta frenare il decadimento di queste funzioni, sebbene non sia sempre facile capire come: anche l’intervento mediato dalla tecnologia sembra infatti essere utile se costante, intensivo e usato con motivazione.

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Martin Barraud//Getty Images

Il secondo fatto psicosociale cruciale sembrano essere le relazioni. Avevamo già parlato qui di come le relazioni plasmino l’aspettativa di vita e le ricerche lo confermano. Stare soli non solo genera un contesto povero di stimoli ma ci rende meno partecipativi e comunicativi e più isolati affettivamente, creando un humus fertile alla depressione, alla solitudine ed abitudini meno sane in cui si cerca attivazione e compensazione. Il contatto sociale in qualsiasi forma ha un effetto potenzialmente benefico sul rischio di demenza, poiché rafforza la riserva cognitiva, promuove comportamenti sani e riduce lo stress e l'infiammazione. Il rapporto tra depressione e decadimento è invece più insidioso e probabilmente bidirezionale: negli anni precedenti all’esordio di demenza, la depressione può essere un segnale; una reazione al deterioramento cognitivo; o una causa di deterioramento cognitivo.

Prestare attenzione a questi aspetti dovrebbe essere una priorità per la salute individuale e pubblica, mirando a ridurre precocemente i livelli dei fattori di rischio, anche perché meno costosi dell’intervento successivo su una popolazione fragile che ha già perso le autonomie. Il rapporto infatti spiega come questi cambiamenti minori spesso consentono di risparmiare sui costi maggiori. Insomma, occuparcene oggi per guadagnare domani anni, salute, ed anche denaro. Il rapporto fa infine un accorato appello: “Siate ambiziosi riguardo alla prevenzione”. E noi a che punto siamo? Lo siamo davvero ambiziosi? Progetti come la Rete della Felicità ci fanno pensare di sì, ma siamo solo all'inizio.

I consigli del rapporto Lancet per prevenire la demenza

In coda, ricordiamo cosa raccomanda il Rapporto Lancet: le diverse azioni specifiche per i 14 fattori di rischio:

Garantire che un'istruzione di buona qualità sia disponibile per tutti e incoraggiare attività cognitivamente stimolanti nella mezza età per proteggere la cognizione

Rendere gli apparecchi acustici accessibili alle persone con problemi di udito e ridurre l'esposizione ai rumori nocivi per ridurre la perdita dell'udito

Trattare la depressione in modo efficace

Incoraggiare l'uso del casco e della protezione della testa negli sport di contatto e in bicicletta

Incoraggiare l'esercizio fisico perché le persone che praticano sport e fanno esercizio fisico hanno meno probabilità di sviluppare demenza

Ridurre il fumo di sigaretta attraverso l'istruzione, il controllo dei prezzi e la prevenzione del fumo nei luoghi pubblici e rendere accessibili i consigli per smettere di fumare

Prevenire o ridurre l'ipertensione e mantenere la pressione sanguigna sistolica di 130 mm Hg o inferiore a partire dall'età di 40 anni

Rilevare e trattare il colesterolo LDL alto a partire dalla mezza età

Mantenere un peso sano e curare l'obesità il prima possibile, il che aiuta anche a prevenire il diabete

Ridurre il consumo elevato di alcol attraverso il controllo dei prezzi e una maggiore consapevolezza dei livelli e dei rischi del consumo eccessivo

Dare priorità ad ambienti comunitari e alloggi favorevoli agli anziani e di supporto e ridurre l'isolamento sociale facilitando la partecipazione alle attività e la convivenza con gli altri

Rendere lo screening e il trattamento per la perdita della vista accessibili a tutti

Ridurre l'esposizione all'inquinamento atmosferico