Sulla carta è piuttosto semplice: il Dry January è un'iniziativa che incoraggia le persone ad astenersi dal consumo di alcol per tutto il mese di gennaio. Nella pratica, però, la campagna (che si è presto trasformata in un trend, grazie ai social) ci costringe anche a ripensare il nostro rapporto con l'alcol. Ne abusiamo? Ma, soprattutto: quanto sarebbe difficile, per ognuno di noi, rinunciarvi completamente per mese intero?

La storia del Dry January

Secondo il Time, le origini di questa pratica risalgono al 1942, quando il governo finlandese lanciò una campagna chiamata Sober January, per limitare il consumo di alcol nel contesto degli sforzi bellici, durante la seconda guerra Mondiale. La versione moderna del Dry January è stata invece ideata nel 2011 da Emily Robinson, all'epoca impiegata di una Ong, britannica che decise di smettere di bere per un intero mese, in preparazione a una mezza maratona. Nel 2012, Robinson si unì all'organizzazione Alcohol Change UK, contribuendo a trasformare la sua esperienza personale in una campagna pubblica; mentre la prima edizione ufficiale del Dry January si svolse nel 2013, registrando circa 4.000 partecipanti. Da allora, l'iniziativa è cresciuta, guadagnando popolarità a livello globale, con milioni di persone che ogni anno scelgono di aderire per migliorare il proprio benessere e rivalutare il proprio rapporto con l'alcol.

Perché alla Gen Z non interessa l'alcol

Secondo una ricerca del 2023 condotta da Gallup, la percentuale di adulti sotto i 35 anni che dichiarano di consumare alcolici è scesa dal 72% del periodo 2001-2003 al 62% del 2021-2023. Nonostante un aumento generale del consumo di alcol nei paesi occidentali, i giovani sembrano meno interessati, spinti da un cambiamento culturale che rende l’alcol meno centrale per il relax o la socializzazione rispetto al passato. Diversi fattori contribuiscono a questo fenomeno, tra cui un’evoluzione nella percezione sociale dell’alcol: se per i Baby Boomer rappresentava un segno di maturità, un mezzo per rilassarsi e socializzare, oggi la Gen Z preferisce alternative più diversificate per esprimere sofisticazione o rilassarsi. Per gli esperti, il crescente interesse per la salute e la popolarità di iniziative come il Dry January rafforzano l’idea dell’alcol come una scelta potenzialmente rischiosa, favorendone la progressiva marginalizzazione tra i giovani.

Come prepararsi per il Dry January

Il Dry January può essere affrontato al meglio con una preparazione adeguata, e il New York Times propone una serie di consigli utili per vivere questa esperienza senza percepirla come una rinuncia. Condividere il proprio obiettivo con amici e familiari è un primo passo importante: possono offrire un supporto prezioso per mantenere l’impegno. Un’altra strategia efficace consiste nel creare alternative alle situazioni abituali in cui si consumava alcol. Ad esempio, sostituire il bicchiere di vino serale con una tisana rilassante può rendere il percorso più gestibile e piacevole. Infine, trattate il Dry January come una maratona: fissate traguardi intermedi, giornate dedicate interamente alla cura personale e momenti di ricompensa attraverso esperienze positive, per mantenere alta la motivazione lungo il cammino.

Doppia sfida: provare anche Veganuary

Il mese di gennaio rappresenta una buona occasione per sperimentare nuove abitudini alimentari. Arriva subito dopo le feste, segnando l’inizio dell’anno e portando con sé quel naturale desiderio di cambiamento. Se volete provare una doppia sfida, sperimentate anche Veganuary, la campagna che incentiva ad adottare una dieta plant base durante le prima quattro settimane dell'anno. Entrambe le sfide invitano non solo a rivalutare i propri consumi, siano essi legati all’alcol o ai prodotti di origine animale, ma promuovono anche un maggiore benessere fisico e mentale, oltre a un impatto positivo sull’ambiente. Ecco che gennaio si trasforma così nel mese ideale per iniziare l’anno con una visione più consapevole e sostenibile.

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